Come in tutti i casi in cui la scelta è ampia, decidere con chi prendersela non è facile. La lista dei responsabili veri o presunti delle condizioni in cui oggi versa la Statale Regina, somiglia al menù di uno di quei ristoranti napoletani in cui più gozzovigli e più l’oste si frega le mani. C’è di tutto.
Un grande classico è il camionista uzbeko che ancora e nonostante i navigatori satellitari pretende di passare indenne la strettoia di Ossuccio, grattugiando per bene - tanto per restare in tema culinario - il muretto della trattoria San Giacomo. Eventualmente si può anche rimestare la faccenda in salsa comasca, facendo il verso a quelli “di città”, che sulla statale mettono piede giusto la domenica e che in genere se la prendono con i laghée e con la cocciutaggine che li spinge a muoversi solo in macchina, ché loro, invece, userebbero tanto volentieri l’aliscafo, su un lago così bello (salvo poi scoprire che ci vuole una vita e che le corse non ci sono).
Un’ottima predestinata è, volendo, anche la Regina Teodolinda, che quando pensò a quella strada che doveva agevolare i traffici dei Magistri cumacini e intelvesi la fece progettare, con scarsissima lungimiranza, per le carrozze a cavallo, quelle con i tiri a due, che già allora, con un tiro da quattro, c’era il rischio di restare incastrati tra qualche chiesetta tardo romanica.
Ulteriore evergreen sono gli amministratori locali, con i quali si va a nozze: sindaci e assessori che, negli anni, hanno consentito una espansione urbanistica che non teneva conto di nulla, se non del solito cugino che si sposava e che, poverino, gli serviva la casa nuova con il patio, il balconcino e il box sulla Statale.
La sostanza è che passano gli anni, cambiano le facce e arrivano i gps, ma le cronache dal lago non mutano di una virgola.
Ieri se n’è avuta la riprova, con il solito Tir piantato a Colonno, i soliti pullman di coreani stralunati (la guida aveva raccontato loro tutta un’altra storia), e il solito codazzo di polemiche. E allora?
E allora, al di là delle colpe specifiche e personali, vere o presunte che siano, la sensazione è un’altra, e cioè che in tutto questo bailamme e in tutto questo cercare capri espiatori, noi comaschi si stia dando una volta di più una dimostrazione di sostanziale incapacità, di sostanziale disinteresse, di quella dabbenaggine che fa di noi autentici fuoriclasse nella difesa dell’orticello e degli impuniti posapiano quando si tratta di sistemare il cortile. Non sappiamo assumerci alcuna responsabilità, e meno che mai quando ci sia da difendere un territorio che dovrebbe rappresentare la prima fonte di ricchezza per ciascuno di noi, di una ricchezza, beninteso, non metafisica, non spirituale ma concretissima, sonante per davvero.
In tutti questi anni, tra mille progetti e mille amministratori, non siamo mai riusciti a mettere in fila due progetti due, con la sola eccezione della celeberrima variante della Tremezzina, i cui lavori dovrebbero fervere già da anni, ma la cui prima pietra è un po’ come la fine della crisi, tutti ad aspettarla senza che arrivi mai.
Sono cambiati i sindaci, i parlamentari, sono cambiati gli assessori ei consiglieri regionali, ma la musica è la stessa.
Attori, registi, pittori, star hollywoodiane in Harley Davidson, miliardari russi e stilisti à la page dichiarano eterno amore a questo nostro lago, per il quale cacciano soldi inseguendo sogni. Così la domanda finisce per essere un’altra: il mondo ci vuole bene, ma noi?
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