La Scuola riparta
con la fame di vittoria

« Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo. Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi».

Alessandro D’Avenia, 10 settembre 2011. D’Avenia è un giovane scrittore, bello, affascinante di successo tra gli adolescenti, insegnante di quelli che fanno battere le ali alle farfalle addormentate nel cuore delle studentesse.

Tre anni fa si immaginava studente e chiedeva dalle colonne del quotidiano Avvenire un buon motivo per stare incollato alla sedia, nel banco, per un anno intero. È per questo che D’Avenia ha avuto successo, più nei lettori giovani che nei critici attempati, perché ha detto quello che tutti i bambini e i ragazzi chiedono dalla scuola oggi, al primo giorno di un nuovo anno sui libri. Molti studenti non sanno di volere dagli insegnanti solo un buon motivo per starli ad ascoltare, cioè, non è che non lo sanno, è che non se ne rendono conto; sono confusi, frastornati dalla voglia della loro età di protestare, di essere contro gli insegnanti, contro la scuola, contro la legge che, notizia fresca, vieterà ai più grandi di fumare anche all’esterno degli edifici scolastici. Loro, i fumatori, sono così contro che scrivono on line «E noi fumeremo lo stesso».

E insistono, sempre sul web, a dire che, visto che Como introdurrà il registro elettronico (voti on line, consultazione libera da parte dei genitori del profitto e delle presenze/assenze dei propri figli), loro troveranno il modo per evitare che i genitori li controllino «tanto mia mamma non sa nemmeno come si accende un computer, io continuo a bigiare», scrive uno di loro. Regole e controlli sono roba da vecchi, ma quando poi trovano un prof che le cose gliele racconta bene e che si mette alla loro altezza, anche per mollargli quando serve un ceffone (chiaramente non fisico), allora la musica cambia.

Il prof diventa un idolo, la scuola un posto dove andarci perfino con voglia. Anche al prof di un altro scrittore, Frank McCourt del libro “Ehi prof!” succedeva così. La scuola era quella americana degli anni Cinquanta, e al prof capitò di entrare in classe il primo giorno di scuola e venire accolto da un panino volante, formaggio e insaccato. Quel prof di McCourt cosa fa? Non urla, non chiama il preside, raccoglie il panino e se lo mangia con gusto davanti ai suoi nuovi alunni. Li spiazza. Ecco un inizio di buon motivo dato ai ragazzi per tirare con gusto la fine dell’anno. Belle suggestioni, ma tanti prof pensano che la scuola vera sia un’altra cosa, molto meno fascinosa. Anzi, proprio pesante e faticosa; sono tanti i docenti che, come D’Avenia, ma al contrario, vorrebbero avere dai propri studenti un motivo per starli ad ascoltare fino a giugno. Ma tanti di loro non ce la fanno perché il mondo della scuola è strano, a volte così strano da somigliare a quello di Alice nel paese delle meraviglie. Anche Alice fece una fatica enorme a capire che ciò che viveva era un insieme di meraviglie, ma tenendo duro ci riuscì e tornò dal suo viaggio trasformata, in meglio. C’è bisogno di credere nella scuola, nei ragazzi e nei docenti, perché negatività chiama negatività e fa diventare brutti. In molte scuole quello che manca ancora in questo inizio di nuovo anno è la fame di vittoria. Mancano dirigenti, insegnanti, ausiliari, studenti, verrebbe da dire che manca tutto. È innegabile. Ma non manchi la voglia di vincere tutti insieme, lasciando fuori dalla scuola le lagnanze, le proteste (dei genitori e dei ragazzi). Basta incrociare lo sguardo degli scolari di prima elementare al primo giorno di scuola. Lì dentro c’è tutto quello che la scuola perde per strada. Accendiamo il navigatore se serve, ma ritroviamo la strada.

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