Tanta bellezza deve avere un prezzo, certo. Ma quello che si chiede agli abitanti dei paesi affacciati sul lago è davvero troppo alto. E diventa più “salato” giorno dopo giorno. Sembra quasi una beffa del destino quanto è accaduto ieri: due camion che si incrociano tra Ossuccio e Colonno e che, manco a dirlo, non riescono a passare contemporaneamente. Tutti fermi per due ore, a imprecare e a far conto del tempo mandato al macero, degli appuntamenti mancati, dei soldi che- magari - non sono entrati in cassa.
Scene che si vedono tutti i giorni. Ma questa volta è capitato nel primo giorno di scuola, uno di quelli che si segnano con il bollino rosso ,come e forse più del rientro dalla Riviera romagnola sulla Rimini-Milano. Il risultato è nel titolo di apertura del giornale: scuolabus bloccati in colonna, maestre costrette ad attendere che le mamme riuscissero ad arrivare a scuola per ritirare il pargoletto. Hanno un valore quasi simbolico, queste suggestioni. E soprattutto danno il senso di un problema che, mese dopo mese, rasenta la farsa.
Una goccia di benzina nel dibattito sulla Variante Tremezzina – la versione comasca della Statale 36 Lecco-Colico, per sintetizzare– e che sta incontrando un ostacolo dietro l’altro. Per ultimo, ma non certo l’ultimo, il “no” della Soprintendenza a un progetto da 330 milioni di euro attorno al quale hanno lavorato 40 ingegneri per una cifra monstre – a bocce ancora ferme – di oltre due milioni di euro.
La bellezza ha un prezzo, certo. E lo sanno anche i progettisti e quegli amministratori che, da trent’anni a questa parte, stanno cercando di trasformare un’idea non esattamente inedita – una strada a mezza costa che eviti il passaggio nei paesini del lago – in una realtà. Come accaduto sull’altra sponda, dove la strada è aperta da trent’anni e ha ridato slancio all’economia di due province, quella di Lecco e quella di Sondrio.
Dieci chilometri di asfalto, di cui sette abbondanti in galleria, non sono uno scherzo. E neppure i sei anni che, ad andar bene, serviranno per costruirla, osservano gli scettici. Che rifiutano la patente di “ambientalisti un tanto al chilo” ma non intendono rinunciare allo spettacolo della natura. A costo di proporre un “improponibile” tunnel di dieci chilometri che sarebbe appena qualcosa di meno del Monte Bianco. Costi e tempi di realizzazione compresi. Insinuando addirittura il sospetto che sia soltanto un modo per allungare i tempi di un’opera che, comunque andrà a finire, sarà arrivata in ritardo.
Sull’altro fronte ci sono i sostenitori della Variante, un esercito che si ingrossa sempre più. Bastava fare un saltino tra gli automobilisti in coda ieri mattina a Ossuccio e Colonno per rendersi conto di come l’esasperazione sia tale da cancellare qualsiasi tentativo di mediazione. Le firme piovono come i chicchi di grandine dell’estate del 2014 .
Il dibattere all’infinito, si sa, è uno sport che all’italiano medio piace un sacco. Perché consente di giocare con le parole, di attorcigliarsi intorno a un concetto, di passare qualche serata in compagnia e madama la marchesa, ne riparliamo domani che, per definizione cinematografica, è un altro giorno. Invece il tempo delle parole, almeno su questo ramo del lago che si tiene gelosamente in grembo George Clooney e una intera pletora di vip, emiri e oligarchi, è finito. Bisogna decidere una volta per tutte - con le azioni che ne conseguono - se la Variante Tremezzina rappresenta un “prezzo giusto” da pagare per soddisfare le necessità di cittadini, imprenditori, turisti che non riescono più a muoversi. Il resto, per l’appunto, è dibattito. Che spesso si fa lontano dal lago, dai tubi di scappamento delle auto, dalle cabine dei tir. E, da ieri, lontano anche dagli scuolabus, pieno di bambini stanchi, urlanti e affamati. E incavolati. Sin da piccoli.
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