Arrivare a metà del mandato senza aver concluso la bonifica dell’area e senza certezze sul progetto per il nuovo quartiere non è un risultato di cui andare fieri. Il sindaco Mario Lucini, ne siamo certi, sperava di riuscire a ottenere qualcosa di più, in due anni e mezzo di lavoro, quando parlava dello scandalo Ticosa in campagna elettorale. Rileggere oggi le tappe della telenovela sull’area dell’ex fabbrica, chiusa da 32 anni, mette i brividi ma dev’essere anche una lezione per evitare di commettere altri errori. La ferita va chiusa una volta per tutte. Perché nel passato non solo si è sbagliato, gli amministratori hanno anche perseverato. Nella migliore delle ipotesi diabolici, come vuole l’aforisma, nella peggiore incapaci e poco limpidi. Abbiamo ricostruito tempi e costi della bonifica, potete leggerne in Cronaca, convinti che sia quanto mai opportuno ricordare a tutti come si è arrivati a questo punto. Lo stesso Lucini, forse il primo a denunciare - quando sedeva all’opposizione - che i costi per la bonifica sarebbero aumentati rispetto al piano iniziale (rivelatosi inadeguato, per usare un eufemismo), oggi da sindaco promette che analizzerà ogni aspetto «per verificare se sussistano o meno responsabilità legate alle previsioni sbagliate». Giusto e doveroso. Ma sarà un’operazione credibile solo se questa amministrazione riuscirà, nel giro di pochi mesi, a chiudere il cantiere per la “pulizia” del terreno e accordarsi con i privati dando un futuro all’immensa spianata tra via Regina e via Grandi.
L’errore che si può imputare al Comune, sul fronte della bonifica, è quello di aver sbagliato (ci risiamo) i conti, o quantomeno di essersi fatto trovare impreparato quando è emersa l’esigenza di trovare altre risorse per finire i lavori. Sì, perché a palazzo possono chiamare in causa fin che vogliono il patto di stabilità, meccanismo che impedisce ai Comuni di investire buona parte dei soldi in cassa, ma questa assurda norma non basta a spiegare la situazione di stallo in cui si trova, di nuovo, l’ex Ticosa. Pagare aziende e fornitori è diventato un problema enorme per tutte le amministrazioni locali, è vero, tuttavia con una lista di priorità ben chiara in testa non è impossibile indirizzare risorse sulle questioni più importanti. E invece siamo qui a raccontarvi che da mesi la bonifica è ferma perché i 350mila euro necessari per finire l’opera sono bloccati, la Ragioneria non può liberarli se non si toglie una cifra identica da altri capitoli, rinviando gli interventi previsti. Per dirla in poche parole: è mancata la programmazione.
Sicuramente qualcuno ha sbagliato, in Comune, ma poca importa - adesso - scatenare la caccia al colpevole (c’è chi accusa l’assessore Magatti, chi se la prende con gli uffici, altri puntano il dito contro il sindaco che ha la delega al Bilancio). Bisogna rimediare, e in fretta.
L’altro capitolo riguarda il progetto per un nuovo quartiere nella maxi area. Qui molto dipende dalla proposta che la società Multi depositerà a Palazzo Cernezzi nelle prossime ore: se sarà convincente in termini di contenuti e capace di scongiurare altri contenziosi, la strada si farà in discesa. In caso contrario la palla tornerà ai nostri amministratori. Dovranno farsi trovare pronti, con un’idea alternativa nel cassetto, credibile e realizzabile. Altrimenti la ferita della Ticosa continuerà a sanguinare. Como non se lo merita, ha già sofferto a sufficienza. L’agonia iniziata nove anni fa può e deve trasformarsi in rinascita.
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