La tragedia del mare
e i pugni del premier

Il caso più simbolico in queste ore è Taranto. Ieri il sesto sbarco in dieci giorni, quasi 1.200 profughi raccolti dalla marina militare nel quadro dell’operazione Mare Nostrum e che prefettura e associazioni di volontariato devono in qualche modo sistemare. Sono siriani, palestinesi, nigeriani, cittadini dei Paesi dell’Africa sub-sahariana: la gran parte di loro cercherà poi di lasciare l’Italia ma la prima accoglienza tocca a noi.

E’ l’Italia ad affrontare l’emergenza (loro, che arrivano senza nulla, ma anche nostra: a Taranto mancano almeno 500 posti nei centri di accoglienza), in ogni caso siamo noi a fare da intercapedine tra la disperazione assoluta dei viaggi nei barconi e le pratiche per ottenere lo status di profugo o rifugiato in altri Paesi.

Il dilemma è tutto qui. Essendo più o meno fallite tutte le ricette proposte per affrontare alla radice il problema delle migrazioni o per trasformare l’Europa in una fortezza impenetrabile, bisognerebbe che i Paesi della Ue trovassero almeno il modo per fronteggiare le ondate degli sbarchi. Un’immigrazione irregolare che non possiamo in alcun modo, ormai, definire “clandestina”, visto che si svolge sotto gli occhi dei satelliti e delle televisioni, a volte persino dei turisti, e che riflette in modo assai puntuale le crisi della sponda Sud del Mediterraneo. Non a caso, infatti, l’altro picco negli arrivi si ebbe nel 2011, nel pieno delle turbolenze della cosiddetta Primavera araba.

E invece no. Jean-Claude Juncker, che il 16 luglio entrerà in carica come nuovo presidente della Commissione europea, propone di creare un commissario per le questioni dell’immigrazione: un altro burocrate, invece di provvedimenti concreti. Un po’ meglio, ma poco, Cecilia Malmstrom, commissario europeo agli Affari interni, che annuncia maggiori aiuti finanziari all’Italia e un piano di Europol e Frontex per combattere gli scafisti. Anche se di scafisti i marinai di Mare Nostrum ne hanno fermati a decine e nel traffico dei barconi non è cambiato nulla.

La rivalità tra i Paesi del Nord e del Sud Europa somiglia a quella dei capponi di Renzo, che si beccavano mentre andavano a finire arrosto. Ora rischia di diventare quella dei capponi di Renzi (Matteo) e del semestre italiano alla presidenza della Ue. Altri Paesi, in Europa, mostrano numeri assai più importanti dei nostri nell’accoglienza dei profughi: da noi 8.698 richieste d’asilo (ai livelli della Polonia, per intenderci) mentre in Francia sono 34.582, in Germania più di 53 mila, in Svezia 32.395, in Gran Bretagna 19.846, in Austria 14.624. Ma è quanto avviene sulle nostre coste e su quelle della Spagna e della Grecia a determinare ciò che avverrà oltre le Alpi.

Da questo punto di vista il semestre europeo dell’Italia è cominciato sotto modesti auspici. I Paesi del Nord Europa traccheggiano, restii a impegnarsi di più su un fronte a cui i Governi di destra guardano con ostilità e quelli di centro o centro-sinistra con la preoccupazione che faccia perdere voti. E l’Unione Europea non è riuscita a dire una parola importante, tantomeno a prendere una decisione significativa, su crisi internazionali (Libia, Siria…) che hanno dato ulteriore spinta all’immigrazione irregolare. Se vorrà ottenere qualcosa di buono, per il nostro Paese e per gli stessi profughi, Matteo Renzi dovrà battere i pugni sul tavolo. Forse non solo metaforicamente.

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