Come il geometra Calboni, memorabile spalla di Fantozzi assieme a Filini, la Prima Repubblica sarà stata quella che è stata ma a quest’ora al Comune di Como qualcosa sarebbe successo. Invece, in un palazzo che da poco più di due anni esprime il nulla, anche l’ammutinamento di Forza Italia (qualcuno direbbe di ciò che resta) su una decisione importante del Consiglio quale il rendiconto, mica la commemorazione del professor Pincopalla, sembra destinato al placido destino dell’acqua sui sassi.
D’altra parte questa è la politica, anzi la Real Politik, bellezza. Perciò, al di là del costante declino che coincide con quello del suo unico e insostituibile leader Silvio Berlusconi, il fatto che la rappresentanza politica più votata dai comaschi nella maggioranza del sindaco Mario Landrisicina stia marciando sempre di più verso la sponda dell’opposizione non sembra determinare conseguenza alcuna.
E chi se ne importa poi che il primo cittadino sia stato indicato proprio da Forza Italia e solo sostenuto dagli altri partner, compresa la lista civica che porta il suo nome. Ecco questa è la Terza Repubblica, nata sulle ceneri di una Seconda che, almeno a Como ha visto sindaci lasciati naufragare dolcemente in quel mare della paralisi politica provocata dalle maggioranze che li sostenevano. Nella vituperata Prima delle tre Repubbliche, appunto, in questi casi scattava come sull’attenti la micidiale “verifica politica”. Che si poteva concludere in due modi: o il sindaco veniva disarcionato oppure i partiti che lo sostenevano tornavano alla stanga e si poteva continuare ad amministrare la città. Ora, la domanda da porre ai cittadini comaschi ma anche a coloro che bazzicano nel capoluogo per lavoro o diporto è: vi sembra amministrato, non si dice bene o male che sarebbe già qualcosa, questo luogo bello e sventurato? Se pensate di sì forse vi conviene passare alla pagina successiva, altrimenti proseguite nella lettura.
Perché il nocciolo della questione, che assomiglia sempre di più a una ciliegia con il baco dentro, è proprio questo. I comaschi, coloro che hanno votato nel 2017 chiedono che la loro città sia gestita con saggezza, onestà e responsabilità. E dai rappresentanti che hanno scelto. Questa sarebbe la democrazia che, fino a prova contraria che è meglio non avere, resta ancora in vigore nelle nostre lande. Invece che accade? Che gli alleati di maggioranza cominciano a comportarsi come quei piranha in una vasca che tentano di mangiarsi tra loro. E che per questioni magari non proprio di nobile politica, Forza Italia sacrifichi Amelia Locatelli, assessore e poi lasci la giunta priva di un proprio rappresentante. Fin qui tutto sommato, il mandato degli elettori è stato tradito ma non del tutto. Ora però sembra come quando uno lancia un sassolino sul fianco di una montagna e mai penserebbe di provocare una rovinosa frana e tantomeno di farlo in maniera volontaria. Ma se lungo il percorso si trovano tanti detriti ecco che…
La domanda è: sarà mica che la frana è dietro l’angolo? Allora sì, cittadini comaschi che potete denunciare il tradimento senza far la figura degli Otelli in una clima, quello di palazzo Cernezzi, peraltro un po’ shakespeariano, visto anche il profilo amletico di Mario Landriscina che non è difficile immaginare con un teschio nella mano destra mentre pronuncia il fatidico “essere o non essere” sindaco di Como? Già, forse è proprio questo il dilemma della tragedia comasca. L’unico auspicio è che si arrivi in fretta a una conclusione che tolga l’amministrazione e la città dal mezzo di quel limaccioso guado in cui tutti i protagonisti di questa saga l’hanno cacciata. A questo punto non importa tanto il lieto fine, ma una fine qualunque essa sia. E che precluda a un nuovo inizio. Con questa o un’altra amministrazione che qualcuno sta già pregustando. Chiaro che staccare la spina alla giunta Landriscina converrebbe a pochi. E poi c’è la solita maledizione della legge elettorale per cui i Filistei devono seguire la sorte di Sansone. Si sa che anche una cadrega ormai lisa come quella del consigliere comunale mantiene sempre il suo perché. Magari però potrebbe valere di più, per una volta, l’interesse della città. Perché la Prima Repubblica sarà stata quello che è stata ma a quest’ora sarebbe già tutto finito. In un senso o nell’altro.
@angelini_f
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