Editoriali
Martedì 16 Settembre 2014
L’arredo che lotta
e i mondi paralleli
l’arredo che lotta
e i mondi paralleli
Sembra un gioco di società, solo che non c’è divertimento alcuno. Quando le aziende trovano un’ancora di salvezza, qualcuno prende una forbice e taglia la fune. E loro sono costrette a salpare in cerca di un nuovo modo per legarsi a un porto, se non sicuro, almeno in grado di offrire sollievo.
Un drammatico gioco appunto, continuamente in corso sulla pelle delle aziende, che sta registrando una nuova tappa con la crisi russa. Il fallimento delle sanzioni finora è stato sfacciato, perché non ha portato ad alcuno spiraglio duraturo.
L’unico esito confermato dai numeri è il contraccolpo sull’economia locale. Ieri il grido di dolore dell’agricoltura, durante la discussione sull’embargo a Strasburgo. Ma le nostre aziende hanno già avuto la loro dose di problemi e chi ancora non porta ferite evidenti, teme che nei prossimi mesi - rafforzandosi questo provvedimento e la risposta della Russia - sarà uno sfacelo.
Non si tratta di intromissioni dell’economia nella politica estera. Casomai, è una mesta riflessione che si fa avanti oggi nelle parole dell’industriale brianzolo Alessandro Besana, ma condivise da molti suoi colleghi.
Il punto - grave - è che sembra che esistano due mondi paralleli, ancora una volta. Che la politica abbia il suo bel pianeta perfetto, dove però ci si mette a tavolino e si decide delle sorti altrui. Del destino del pianeta accanto, per la precisione, che è quello dove le persone cercano di stare a galla ogni giorno e lavorano per questo.
Vale per l’Italia, come per l’Europa. L’impressione, sconfortante, è che di ciò che accade sull’altra terra non importi proprio niente, che questa non sia nemmeno presa in considerazione. Un’impressione ancora più demoralizzante se si ricorda che le risorse per vivere su quel pianeta apparentemente spensierato vengono proprio dall’altra parte.
Si dibatte da infinito tempo sull’opportunità delle sanzioni, sul loro impatto e sui loro effettivi bersagli. L’unico elemento di novità - e non è secondario - è che il mondo, quello vero, nel frattempo è cambiato. Che è globale e tutto viene amplificato.
Il nostro Paese ha una domanda ancora bloccata, tranne schizofrenici segnali in alcuni settori. L’estero è servito a limitare i danni e a consentire di crescere in qualche caso, nonostante tutto, a testimonianza della vitalità delle imprese.
Ma l’estero oggi è appunto immenso e tanti sono i fili che legano le nazioni. La Russia va in crisi con i partner europei? Nessun problema, ne ha già trovati di nuovi e firmato altre intese.
Nel mondo globale si trovano per fortuna nuovi mercati, ma si perdono anche, alla velocità della luce, se non si sta attenti, se non si tengono stretti quei clienti che sembrano apprezzarti eppure in caso di difficoltà hanno la possibilità di voltarti le spalle in un nanosecondo. Non a caso, l’economia russa si è già mobilitata per rafforzare gli scambi con la Cina o con il Sudamerica, per esempio.
Si fa fatica a entrare nel cuore commerciale di qualcuno. Ci si mette pochissimo a essere rimpiazzati: la qualità aiuta a scongiurare o ritardare questa ipotesi, ma non può fermarla del tutto.
Non quando esistono due mondi paralleli, dove le regole sono diverse.
E dove, soprattutto, chi deve prendere le decisioni appare convinto di essere l’unico nell’universo.
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