“Pasqua è gioia!”. Ecco l’invocazione che abbiamo proclamato, anzi, cantato solennemente nella notte della Veglia pasquale. È questo l’augurio che desidero rivolgervi oggi, giorno nel quale celebriamo il “passaggio” (questo significa la parola “Pasqua”, anche nell’originale ebraico: “Pesach”) dalle tenebre alla Luce, dalla morte alla Vita, dall’uomo vecchio all’Uomo Nuovo.
Sappiamo tutti di quanto ci sia bisogno di un’umanità rinnovata. Abbiamo vissuto una “settimana di Passione” non solo perché abbiamo fatto memoria del male patito da Gesù fino alla morte di Croce per la nostra salvezza... Ma anche perché vediamo quotidianamente il male che ancora abita e sconvolge i nostri tempi, fino a renderci tutti meno umani. Permangono le difficoltà, gli affanni, le incertezze, le precarietà di tante famiglie, di tanti giovani, di tante persone, magari sole e disorientate …
Viviamo un cambiamento di epoca, dove ingiustizie, conflitti, povertà, sfruttamento, malaffare e mancanza di considerazione dell’altrui dignità e sofferenza non possono non interessarci in prima persona. Per questo vorrei che l’augurio di gioia raggiungesse ciascuno di voi, e non fosse una frase ingenua o di circostanza. Vorrei che esprimesse fiducia, speranza, e infondesse coraggio per affrontare le difficoltà piccole e grandi dei nostri giorni. Proprio la Croce, infatti, è il punto più alto dell’amore gratuito di Cristo, il segno della vittoria del Bene, la morte per amore da cui rinasce la Vita nuova.
Celebriamo la Santa Pasqua avendo sullo sfondo, sempre presente, l’orizzonte dell’Anno Giubilare, che Papa Francesco ha voluto particolarmente dedicato al tema della misericordia. Tale circostanza è al tempo stesso un grande privilegio e una significativa responsabilità. Da cristiani sentiamo forte la chiamata a testimoniare con le parole e le opere il dono della misericordia di Dio. Con un’attenzione particolare, però, che in diverse occasioni mi sono già preoccupato di sottolineare: la “misericordia” non va ridotta a buonismo, al compimento di qualche atto generoso da cui ci sentiamo persino gratificati... “Misericordia” - se guardiamo alla radice del termine - contiene la parola “cuore”. Va dunque a toccare ciò che di più profondo riguarda la nostra vita e la nostra anima. Noi per primi - e Gesù morto e risorto per noi lo dice chiaramente proprio nella Pasqua - siamo dei “misericordiati”. Misericordia, dunque, significa perdono, ma anche conversione, profonda e vera: altrimenti come può esserci “passaggio” dall’uomo vecchio all’Uomo Nuovo? Misericordia, poi, vuol dire carità, fraternità, condivisione, compassione. Non dobbiamo fermarci alla superficie. Ci viene chiesto lo sforzo di metterci nei panni dell’altro, per camminare con lui, soffrire con lui. Come fece il samaritano, che non voltò lo sguardo altrove ma si preoccupò dell’uomo sofferente, abbandonato sul ciglio della strada. E per il bene di quell’uomo sconosciuto non esitò a impegnare le sue risorse. Badate bene: mi riferisco non tanto a quelle materiali, ma a quelle umane, perché si preoccupò personalmente della sua guarigione!
Non è facile. Lo so. Ma la misericordia è parte stessa della vita cristiana e va ben oltre l’orizzonte dell’Anno Santo. È un impegno di vita. È stato Gesù stesso (leggete il capitolo 25 del Vangelo di Matteo!) a dirci cosa fare e come farlo, consegnandoci le “opere di misericordia”. Le ricordiamo? Sono quattordici: sette corporali: dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti; sette spirituali: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti.
Affrontiamo, allora, questo “passaggio”. Gesù stesso è la “Porta Santa” che ci dona la salvezza. L’attraversiamo sostenuti dalla forza della Sua amicizia, alimentati da una sana preghiera e da una costante lettura del Vangelo. Solo così, oggi, possiamo augurarci “Pasqua è gioia!”.
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