Niente più slot machine e videolottery a meno di 500 metri da scuole, oratori o negozi compro oro: la legge lombarda che regolamenta il gioco d’azzardo legale ha fatto il primo passo. Ieri è stato infatti licenziato un provvedimento attuativo della legge approvata nell’ottobre scorso con voto bipartisan.
Per capire quanto fosse urgente un provvedimento di questo genere bastano pochi numeri: la Lombardia è la regione italiana con la spesa assoluta più alta per il gioco, una cifra che pro capite significano 1700 euro all’anno. Sono numeri impressionanti, che
incidono sui bilanci delle famiglie a volte in maniera drammatica, e che soprattutto sono in continua crescita. Come ha attestato la relazione della Guardia di Finanza «il comparto del gioco amministrato rappresenta il 4% del Pil italiano con un giro d’affari di 90 miliardi di euro». L’aumento di anno su anno è del 12%, mentre le macchinette in Italia hanno superato quota 400mila.
Di fronte ad un fenomeno di questo tipo lo stato fa orecchie da mercante, per il semplice motivo che più soldi gli italiani mettono nelle macchinette e più sono le entrate erariali. Peccato che ricadute sociali abbiano un costo salato e che questo conto sia tutto sulle spalle delle amministrazioni locali, in primis dei comuni. Così da qualche mese le regioni hanno varato leggi che assegnano molti più poteri ai sindaci, che proibiscono pubblicità per l’apertura di nuove sale e che propongono meccanismi premianti per i bar che rinunciano alle macchinette. La Lombardia è una di queste regioni e la legge varata si annuncia tra le più efficaci. Oltre al provvedimento reso attuativo ieri, infatti la legge prevede per gli esercizi che tolgono le slot uno sconto dello 0,92 per cento sull’addizionale regionale Irpef, e per gli esercizi con slot un aumento della stessa imposta di uguale entità.
Inoltre nella concessione di finanziamenti la Lombardia considererà titolo di preferenza l’assenza di apparecchi da gioco d’azzardo lecito all’interno degli esercizi autorizzati. Ma la cosa importante di questa legge è che mette i comuni al riparo dai ricorsi al Tar da parte degli esercenti. Infatti l’arma dei Tar è stata spesso usata per bloccare le iniziative delle amministrazioni locali, in un braccio di ferro un po’ surreale tra governo centrale e territori. Il mese scorso il parlamento stava addirittura per approvare una norma in base alla quale lo stato poteva ridurre i trasferimenti alle regioni e agli enti locali che avessero approvato norme in materia di gioco che determinino minori entrate erariali o maggiori spese statali. Poi l’impuntatura di Renzi, da pochi giorni segretario del Pd, ha fatto saltare tutto.
La vicenda da una parte dimostra come il male della politica italiana sia la distanza ormai quasi patologica dalla vita e dai problemi reali. Ma dall’altra conferma che c’è spazio per fare della buona politica, capace di varare provvedimenti che vengono incontro al bene dei cittadini. E che soprattutto è capace di ascolto. Infatti la mobilitazione contro il dilagare delle slot machine è una mobilitazione partita dal basso, dalle famiglie, dalle parrocchie, dai circoli giovanili.
Così in Lombardia per una volta coscienza collettiva e politica hanno parlato la stessa lingua.
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