Non c’è due senza tre. Dopo Trump e la Brexit, ancora una volta non abbiamo capito un tubo. O forse sì ma ci siamo rassegnati all’idea che ormai giornali e tv non riescono più a spostare neanche i voti di un’assemblea di condominio. Allora tutti lì a recitare la parte in commedia, ad invocare la stabilità, la continuità di un governicchio che ci ha portati dalla recessione a una pallida ripresa: con qualche merito forse, ma è difficile spiegarlo a chi continua a vivere nell’incertezza, nella mancanza di una prospettiva, di un lavoro solido, di una speranza per il proprio futuro e per quello dei propri figli. Hai voglia a mettere in vetrina Gentiloni e Minniti che tanto poi lo sai che dietro c’è sempre lui, il più grande perditore (licenza fantozziana) dei tanti perdenti di questa elezione epocale: Matteo Renzi, uno che non mai smaltito l’ubriacatura del 40% alle Europee. Chissà se questa doccia glaciale del 19%, il peggior risultato dell’epoca post Pci, anche di quando il partito era guidato dai futuri rottamati, riuscirà a farlo tornare lucido.
Già, tutti lì a declamare pistolotti contro il rischio del populismo: ma guarda cosa stava per succedere in Francia e poi in Olanda, in Spagna e in Austria. Senza rendersi conto che i più populisti siamo noi. Gli unici che i populisti li hanno fatti vincere davvero.
La verità è molto più semplice di tante dotte analisi politologiche che saranno spese su questo voto dinamitardo. Gli italiani ancora una volta hanno deciso di “provare anche questi”. Succede da che esiste l’Italia come nazione e anche prima. Quando i cittadini possono votare in libertà, se non c’è un dittatore o un “fattore k” a ingessare gli assetti politici del paese, scelgono il cambiamento. Cioè “provano anche questi”. Se poi non vanno bene, e non succede quasi mai , anche perché le italiche mamme di statisti da un po’ sono tristemente sterili, cambiano ancora. Anche a costo di tornare indietro. Ma una volta che gli italiani hanno deciso non c’è verso. Il voto di pancia non lo controlli con la testa. Ci hanno provato in tutti i modi a sabotare i Cinque Stelle nell’immaginario collettivo. Si sono scansati a Roma per consentire a Raggi &C. di dimostrare urbi et orbi quanto sono pasticcioni, inadeguati, ingenui, impacciati. Hanno tirato fuori massoni, rimborsi mancati e così via. Eppure, anche se i sondaggi ormai contano meno di Liberi e Uguali ,qualcuno avrebbe dovuto chiedersi come mai questi post grillini non calavano mai, anzi.
Perché quando gli italiani decidono di “provare anche questi”, non cambiano idea neppure se il candidato premier designato è Belzebù (ogni riferimento a defunti protagonisti della Prima Repubblica è puramente casuale). Le conseguenze del “proviamo anche questi” adesso però sono quasi epocali e finiscono, magari involontariamente, per destrutturare in modo definitivo la concezione di destra e sinistra che abbiamo avuto fino a ieri. E rivelano la richiesta del paese di un ricambio anche generazionale ai vertici del ceto politico. Segnali che andrebbero colti da chi ambisce a essere quello da provare “la prossima volta”.
Mai sottovalutare gli elettori. Quante volte, nei giorni scorsi, ci siamo dati di gomito dicendo: “Ma guarda questi che si bevono ancora le promesse di Berlusconi dopo più di vent’anni…”. Invece anche per Sua Eternità , l’ex Cavaliere sembra arrivato il tempo della pensione. Del resto è più che in regola con la legge Fornero. Già, l’ex ministro del governo Monti, dalla lacrima facile artefice dell’inevitabile draconiana riforma. Salvini farebbe bene a mandarle un mazzo di fiori al giorno per un mese. Senza di lei e gli immigrati da agitare come spauracchio, quando mai avrebbe raggiunto lo storico risultato? Pure il nuovo Matteo vincitor rientra a pieno titolo nel “proviamo anche questo”. Ha rivoltato come un calzino il più antico partito d’Italia e si ammantato di un nuovismo trionfante.
Vota la pancia: quella della fame e quella della paura. La prima al Sud, che non a caso premia i pentastellati, la seconda al Nord, dove Di Maio & C non sfondano, al contrario del centrodestra in cui si rimescolano però i voti a favore del Carroccio che innesta il turbo. I Cinque Stelle, nel resto d’Italia, intercettano tanti orfani del Pd che Grasso e gli altri libero uguali sono rimasti invano ad aspettare con le reti spiegate. Chissà che questo non influisca sui futuri equilibri di governo. Perché in politica ogni tanto conta anche la responsabilità.
Ma sono pensieri per testa di Mattarella che nessuno in questo momento vorrebbe avere sul collo. Chi vivrà e assisterà alla scelta dei presidenti di Camera e Senato, vedrà. E forse qualcosa capirà.
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