Il secondo tempo della partita tra Italia e Germania sul futuro dell’Unione europea è andato in onda alla presentazione del libro di Massimo D’Alema «Non solo euro» Matteo Renzi ha mostrato un’insolita sintonia con l’ex premier nel sottolineare come sia necessaria un’altra Europa, guidata dalla politica e non dalla tecnocrazia.
Il Rottamatore ha spiegato che le attuali regole allontanano i cittadini dall’idea stessa di Europa, che all’orizzonte si profila il pericolo di uno tsunami euroscettico, proprio a causa della gabbia di regole che ha determinato l’attuale recessione. Probabilmente il galateo diplomatico ha impedito al premier di esprimersi con altrettanta franchezza a Berlino durante il vertice italo-tedesco. Ma resta il fatto che la sua sortita è apparsa ben più determinata della posizione tenuta con la Cancelliera tedesca.
Resta l’impressione di una partita ancora lontana dalla sua conclusione. Nel vis à vis Renzi-Merkel le ambiguità hanno probabilmente superato le condivisioni. Una parola definitiva lo diranno solo le elezioni europee e il semestre italiano di presidenza della Ue. Se, come avverte il premier-segretario, i sondaggi sono «devastanti» e l’onda di piena del populismo più che mai allarmante, sarà necessario un segnale chiaro e immediato dal Consiglio europeo di fine mese in direzione di un allentamento dei vincoli di stabilità. Del resto, dire come D’Alema e Renzi che la politica continentale è finita vittima dei numeri e della burocrazia, significa accusare implicitamente il merkelismo, base fondante dell’austerity europea.
Ne deriva che i rapporti tra Roma e Berlino sono meno sereni di quanto si possa intendere (anche alla luce del fresco asse tra Italia e Francia). In tal senso non ha torto Renzi nell’insistere sull’importanza di dare un segnale rapido all’Europa distruggendo alcuni tabù che hanno impantanato negli ultimi venti anni il Paese: con l’abolizione del Senato e delle Province, secondo il Rottamatore, si può far capire alle cancellerie occidentali che stavolta l’Italia fa sul serio. Si tratterebbe di un messaggio politico più significativo persino delle riforme economiche che, come sempre, devono seguire e non precedere la politica. Nelle pieghe del suo discorso, Renzi ha lanciato anche un altro segnale alla Merkel: prima del debito, abbiamo il problema della crescita. Il che equivale a dire implicitamente che i tetti del patto di stabilità saranno rispettati nei limiti del possibile.
Renzi prosegue così nel suo cammino di progressiva inclusione delle aree di resistenza contro la sua politica. Non sembra esagerato parlare di un ticket con D’Alema (che potrebbe essere candidato alle europee) che di fatto incrina il fronte degli oppositori interni, lasciando isolati bersaniani e lettiani.
La sua chiamata ad un nuovo europeismo rappresenta l’ennesimo rilancio. Sebbene «ambizioso» come lo definiscono con una punta di malizia i tedeschi, il suo piano di creare una «massa critica» alternativa (per usare le parole di D’Alema), è una sfida a Berlino che non si era ancora vista. E rappresenta una risposta indiretta alle opposizioni che, da Forza Italia a Lega, M5S e Sel, lo accusano di aver ricevuto lo stesso trattamento di Monti e di Letta.
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