Grazie Daniel Libeskind, ma adesso che si fa? Sabato l’archistar ha elogiato Como definendola un forziere, anzi il caveau di una banca pieno di arte e potenzialità. A chi non piacerebbe sentire un elogio simile?
Impossibile non cedere a un elogio simile, soprattutto perché è fondato sulla verità. Quello che Libeskind ha detto è tutto vero e il suo monumento, voluto dagli Amici di Como, appoggiato dal Comune e in procinto di poter contare su nuovi importanti finanziatori, sarà il coronamento dei complimenti espressi dall’archistar alla casa del Fascio. Un caso avere i complimenti di chi ha girato il mondo e ha progettato opere tra le più interessanti del patrimonio architettonico contemporaneo? No di certo, piuttosto un regalo che Como non deve accettare solo con un “grazie”.
La città e lo ha detto bene Leo Miglio deve partire dalle parole di Libeskind, partire da quello nel senso di usare come un trampolino, una rampa di lancio dalla quale decollare per avere un posto di assoluto rilievo tra le città d’arte italiane che non si possono dimenticare. L’aveva già detto mesi fa Salvatore Amura, presidente dell’Accademia Galli, Como deve solo provarci, ad essere più grande, perché fuori c’è chi sarebbe pronto a mettere la firma sotto il progetto di un suo rilancio.
Ma chi c’è fuori? Chi è pronto a caricarsi sulla spalle il refresh della città? Nessun nome e cognome ancora, a parte quello di Libeskind, che non è certo un nome qualunque. I nomi e cognomi vanno cercati e ingolositi. Anche attratti a mo’ di calamita da fuori.Leo Miglio fa suo questo invito che rivolge con forza alla città, a suo parere un’amministrazione ha il dovere di buttare lo sguardo oltre la siepe affidandosi a grandi architetti che, magari, guardando dal lato esterno della siepe vedono ciò che da dentro il labirinto non si vede. Uscire, osare, accogliere gli inviti di chi ha buone idee e spalleggiare le proposte anche quando sembrano irrealizzabili.
Certo è molto facile dirlo e invitare a farlo, molto meno realizzarlo, ma tante voci cittadine, comprese quelle dell’amministrazione, concordano sulla necessità di muoversi e di superare i confini che a volte ci si dà senza che essi siano reali o che altri condividano le limitazioni che si pensa di subire e di avere. L’assessore Gerosa ha applaudito alla collaborazione pubblico-privato per costruire il monumento al Volta e alla luce, Maria Antonia Brovelli prorettrice del Politecnico la pensa allo stesso modo, parola d’ordine: muoversi. Muoversi soprattutto, ha detto la prorettrice, alla luce del fatto, emblematico, che si è ancora qui a discutere se Como sia o non sia una città universitaria, quando, ha detto la stessa Brovelli, l’università a Como c’è da molti anni, il primo corso dell’Insubria è del 1987. Libeskind ha fatto appello anche ai giovani chiedendo loro, con una frase che sorprende, di assumersi «anche il rischio di progredire. Il percorso non sarà mai facile», ma la paura di guardare fuori paralizza ed è ancora più difficile che provare a cambiare. A testimonianza di come i difetti possano essere letti come pregi ed essere colti come occasioni per far meglio; Libeskind alla Casa del Fascio ha commentato anche i cantieri aperti in città. Per i comaschi un disastro, occasione per lamentarsi, per l’archistar «i lavori in corso testimoniano la vivacità della città».
© RIPRODUZIONE RISERVATA