Libeskind, che bella
la città che discute

Se la pubblicità è l’anima del commercio allora il confronto lo è della democrazia. E che bella la città di Como che si sveglia dal clima sonnecchioso, esce dal torpore, si stropiccia le palpebre, sgrana gli occhi e guarda il presente e soprattutto il futuro e parla, si esprime, si confronta, si appassiona.

Davvero, che bella la Como che discute. Merito di Daniel Libeskind con il dono della sua opera dedicata ad Alessandro Volta. Merito anche dei comaschi che hanno inciso nel dna l’amore per la loro città e per il suo splendido paesaggio. Toccategli tutto, ma non Como e il lago.

Un atteggiamento che solo chi non conosce o non apprezza la bellezza di Como può considerare esagerato. La dimostrazione di questo amore dei comaschi per la loro città e il lago c’è stata anche ieri pomeriggio nella biblioteca comunale dove si è tenuto l’incontro pubblico promosso dal Comune e dagli Amici di Como per illustrare la donazione del monumento a Volta che è stato pensato e progettato da Libeskind per essere posizionato nella parte finale della diga foranea dove c’è la rotonda.

Come già in città, nei bar, nei salotti, tra amici, sui giornali e in tv, anche nel salone della biblioteca è andata in scena una discussione sull’opera, sulla collocazione, su Libeskind, sulla donazione, sui costi, sugli oneri, sui tempi della realizzazione e persino sui rischi di tenuta del fondale. Si è discusso di tutto e su tutto. E sullo sfondo non c’era la scultura “The Life Electric” di Libeskind. Al fondo di ogni intervento, dietro ogni volto e ogni parola c’era l’amore per Como e il lago. Un sentimento che rende appassionati i comaschi e li anima di una energia insospettabile eppure apprezzabile e positiva.

Le domande, i dubbi, le critiche e persino le considerazioni polemiche avevano come significato sottinteso la raccomandazione che Como e il lago non vedano la loro bellezza minacciata dal nuovo intervento dell’uomo. Finora, bisogna riconoscerlo, quando i comaschi hanno deciso - senza assemblee e senza referendum - di intervenire per cambiare il paesaggio della città che si affaccia sul lago lo hanno fatto consegnando alle generazioni successive opere belle, preziose e per le quali c’è ancora oggi grande ammirazione. Dalla diga a Villa Olmo, dal Tempio Voltiano al monumento ai Caduti, allo stadio e a tutto quello che rende unico il panorama di Como, ogni intervento ha accresciuto la bellezza e l’armonia di un paesaggio famoso in tutto il mondo. Legittima, dunque, la richiesta che anche questo passo si collochi nella serie di opere, ormai di importanza storica, che hanno dato ai comaschi una città sempre più bella. Si potrà discutere l’opera - ma aspettiamo di vederla finita per giudicarla - non l’intenzione dei donatori che è un nuovo, grande gesto di amore per Como.

Il dibattito in biblioteca è stato appassionato e fruttuoso. E benché il Comune abbia scelto di decidere per l’accettazione della donazione - assumendosi una responsabilità che come gesto andrebbe apprezzata a prescindere - non è stato affatto inutile. Il confronto infatti ha rimesso in circolo le energie e le passioni dei comaschi.

Li ha distolti dalle occupazioni in cui erano da tempo distratti - una sonnolenza che aveva reso possibile addirittura un muro che oscurava il primo bacino- e li ha indotti a tornare a guardare la loro città e il loro lago. La ferita del muro e del cantiere delle paratie resta ancora aperta, così come quella della Ticosa. Ma oggi c’è un dato nuovo e positivo da registrare: i comaschi sono tornati a casa. L’auspicio è che il confronto continui con queste buone intenzioni, la speranza è che alla fine con la nuova opera la casa dei comaschi diventi ancora più bella.

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