Anche se negli ultimi anni la città è molto cambiata, e con essa siamo cambiati un po’ anche noi comaschi, capita ancora abbastanza di frequente di sentirsi accusare di provincialismo. Darne una definizione precisa è difficile, anche se quella che va per la maggiore dipinge il “provinciale” come una sorta di arido cittadino di un mondo iper circoscritto, un abitudinario scarsamente interessato al resto del pianeta pur essendo convinto di abitarne l’ombelico. All’atto pratico, il provincialismo dei comaschi, vero o presunto, è una brutta bestia anche al rovescio. Nel senso che ci spinge sempre verso gli estremi, impedendoci di guardare a quello che ci circonda con l’obiettività che dovremmo porre all’osservazione.
Enfatizziamo tutto. Il lago, i monumenti, la città, nel bene e nel male. C’è il partito di quelli convinti che non esista luogo più bello sulla faccia della terra (bum!) e c’è quello degli affranti, degli spossati cronici, una genìa di concittadini che sogna di scappare, che di lungolago e paratie non vuole più sapere nulla e che ama distribuire accuse, appunto, di provincialismo.
Vanno, in genere, a farsi benedire lucidità ed equilibrio. Tutto diventa vitale o inutile, tutto fondamentale o risibile. E si resta con le mani in mano.
Di un piccolo esempio diamo conto oggi a pagina 17, mettendo a fuoco il tema del Tempio Voltiano, iconico monumento (lo ricorderete tutti sulla banconota da 10mila lire) in grado ancora di suscitare un certo appeal, non forse tra i comaschi, senz’altro tra chi viene a visitare la città.
Sono in corso i lavori di ristrutturazione, dopo i crolli del controsoffitto, e si apre, si è aperto contemporaneamente un problema legato all’illuminazione.
Il tema fondamentale, posto con equilibrio dal fisico Giulio Casati, è quello della gestione, oggi di fatto molto approssimativa. L’argomento fa urlare allo scandalo i tanti fautori della Como caput mundi, e sbadigliare il partito un po’ snob dei cittadini del mondo, con il risultato di incrementare il rischio che tutto resti com’è. La storia recente e meno recente del capoluogo fa statistica. Anche nel caso del Tempio dedicato a Volta sarebbe un peccato. Perché il tempio, il “tempietto”, non è senz’altro il Colosseo, ma non per questo merita di essere dimenticato, relegato a una funzione limitata a quella attuale di contenitore, buono per raccogliere qualche pila, pur interessante, è un po’ di memorabilia voltiane. Per questo l’idea di Casati, una sorta di ritorno alle origine, meriterebbe un po’ di attenzione.
Teorizza, il fisico comasco, l’affidamento della gestione a una commissione, in seno alla quale possa lavorare anche una sorta di membro esterno, rappresentante non solo della cosiddetta società civile ma, di più, della comunità scientifica comasca, una realtà senz’altro molto più vitale e più internazionale di molti altri circoli cittadini (e forse per questo anche un po’ più obiettiva). Non è né ineguagliabile né orripilante, il nostro piccolo Tempio in riva al lago. È soltanto uno dei “piccoli” tesori di una cittadina edificata in riva a un bel lago lassù ai confini dell’impero. Un piccolo tesoro e un grande spreco, al pari di tante altre nostre attrazioni.
Spreco di opportunità, di occasioni, di chance da cui, con un minimo di attenzione in più, potremmo trarre qualche beneficio regalando a noi stessi - comaschi un po’ provinciali - una occasione in più di sentirci davvero al centro dell’universo.
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