Si fa presto a chiedere a Letta un “braccio di ferro” con la Merkel per rinegoziare i vincoli europei, dimenticando la nostra debole autorevolezza dopo elezioni in cui ha vinto solo la protesta.
Per fare un braccio di ferro, occorre avere il fisico, e perché mai la Merkel dovrebbe appoggiare il gomito sul tavolo stringendo il pugno di Letta? Non le conviene concedere qualcosa agli italiani, in vista delle sue elezioni di settembre.
Alla Merkel qualche solletico può farlo, se mai, la convergenza dei principali Paesi europei per un allentamento straordinario di alcune regole (patto di stabilità interno, ad esempio). Letta sta cercando proprio di seguire questa strada, non quella delle rivincite nazionali.
Con i tedeschi abbiamo vinto solo una volta, con i goal di Ballotelli, non certo facendo cucù dietro ai lampioni di Trieste.
Insomma, non illudiamoci. Nella partita europea di fine giugno, già sarà tanto se l’Italia riuscirà a sbloccare qualche fondo da destinare all’occupazione giovanile. Se non ci riusciremo, dovremo pentirci persino di aver cercato con orgoglio la chiusura della procedura di violazione, diversamente dai francesi che hanno preferito un pò di libertà immediata a fondi europei liberabili solo nel futuro.
Ma - questo è il punto, altro che braccio di ferro - forse non ci ricordiamo che abbiamo le mani legate da ben altri vincoli che i governi Berlusconi e Monti hanno fatto approvare al Parlamento nel 2011 e 2012. C’è chi dice che il 3% di deficit si potrebbe anche sfondare a fin di bene. E’ in sostanza la soluzione francese di cui sopra, e l’Italia, rimasta in questi anni più vicina al 2,5 che al 3, si è già recentemente mangiata gli ultimi decimali, per poter sbloccare i pagamenti dovuti dalla Pubblica Amministrazione.
C’è insomma un’amnesia collettiva, nel dibattito sulla finanza pubblica, perchè abbiamo addirittura cambiato la Costituzione (20 aprile 2012) per stabilire l’obbligo del pareggio di bilancio, per cui, con la successiva legge attuativa), altro che deficit del 3%, ci siamo obbligati al massimo allo 0,5%!
La legge entrerà in vigore tra meno di sei mesi, e c’è da sperare che anche questo non sia un impegno all’italiana, da violare bellamente.
E poi non basta. C’è anche il “fiscal compact”, che siccome è scritto in inglese e entrerà in vigore più avanti (2015), non è mai all’ordine del giorno. Eppure prevede che dobbiamo trovare ogni anno, oltre alle necessarie manovre, circa 50 miliardi, per 20 anni di fila, onde far scendere il debito dal 126 al 60%!
Se pensiamo a questo, diventa surreale la ricerca in questi giorni affannosa dei due miliardi per l’Iva a luglio e di qualche centinaia di milioni per aiutare l’assunzione dei giovani. Insomma, non sono le soluzioni muscolari antieuropee quelle che potranno farci uscire dalla crisi. Abbiamo più, e non meno, bisogno di Europa, magari per dare alla BCE i poteri che le banche centrali USA e giapponese hanno usato per rilanciare quelle economie.
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