Fare l’oroscopo alla politica è un’impresa degna dei migliori maghi. Alzi la mano chi, un anno fa di questi tempi avrebbe previsto l’evoluzione in Italia con il governo di due forze politiche che stavano già scambiandosi gli insulti di prammatica in campagna elettorale. Certo, era chiaro che l’esecutivo uscente a base Pd non avrebbe trovato conferma nelle urne di marzo ed evidente che il Movimento 5Stelle sarebbe arrivato a un grande risultato elettorale. Caso mai, tutti gli altri erano già impegnati a immaginare formule per impedire a Di Maio e C. di arrivare al governo. Si parlava di un probabile successo del centrodestra ma non trainato dalla Lega di Matteo Salvini bensì da Silvio Berlusconi e Forza Italia. Oppure di un inciucione con dentro tutti o quasi e i post grillini all’opposizione. Sono stati poi gli italiani, con i loro orientamenti a stupire ancora una volta tutti.
Il voto già da anni liquido è diventato lavico, incandescente. Alla fine, anche grazie alla legge elettorale proporzionale, è venuto fuori ciò che nessuno si aspettava. Un governo di opposti, legati a un contratto in cui ciascuno ha inserito le proprie priorità a volta antitetiche, con un presidente del Consiglio sconosciuto e schiacciato dai suoi due vice, ministri e leader dei movimenti alleati. Qualcuno già al momento del tormentato parto dell’esecutivo aveva pronosticato il “dura minga”. Eppure, anche se molto sfilacciata, la squadra gialloverde è arrivata al traguardo della manovra, che a causa del contratto, delle promesse elettorali mostrosuamente proibite e dall’inadeguatezza di molti protagonisti, è un pasticciaccio indigeribile di assistenzialismo e nuove tasse. Un compromesso alquanto al ribasso tra le due forze politiche di maggioranza, Bruxelles e il Quirinale. L’epilogo dell’approvazione senza dibattito ma con tante risse in Parlamento è stato del tutto coerente con il percorso della legge.
Quello che si è capito, però, che oltre al contratto, è il mero potere e legare due movimenti che più diversi non potrebbero essere. Un’ubriacatura di potere tipica di chi era astemio e perciò non abituato. Per questo i tanti che sperano nell’imminente fine di questa brancaleonica esperienza di governo potrebbero rimanere delusi. Anche perché, in tutta onestà, di alternative non se ne vedono. A sinistra il Pd è impegnato nell’ardua impresa di ritrovar se stesso e magari qualche voto in più. Dall’altra parte la manovra sembra aver ampliato il fossato che separa la Lega da una Forza Italia in crisi totale senza più una guida dopo il lento ma inevitabile declino di Silvio Berlusconi. Una regola che in politica funziona sempre è quella per cui i vuoti si riempiono sempre. E gli unici in grado di farlo oggi sono la Lega e il Movimento Cinque Stelle, che anche nei sondaggi pur con qualche calo continuano fare la parte del leone. Certo, qualcosa succederà. Il ritorno dell’ingombrante Di Battista e la palese inadeguatezza di alcuni ministri cambieranno il governo.
Che però dovrebbe resistere anche dopo il delicato “tagliando” del voto europeo, destinato forse a modificare i rapporti di forza tra i partner a vantaggio della Lega ma non a provocare la fine dell’esecutivo. Salvo sconquassi, ovviamente.
Insomma anche se questo non è il governo votato dagli italiani, peraltro la proporzionale non consente di fornire indicazioni in questo senso, ce lo dovremo tenere per un pezzo. L’unica incognita è rappresentata dall’economia. Se la crescita già in stagnazione dovesse arrestarsi del tutto saranno dolori per tutti. Specie per chi ha fatto promesse impossibili da mantenere. Del resto chi avrebbe scommesso, alle fine del 2018, su quanto poi accaduto nella politica italiana?
@angelini_f
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