Ma che succede a Como? Lucini come Botta, la Gerosa come Villani o Binda. Il governo cittadino oggi è espressione di uno schieramento politico opposto rispetto a quello di quindici anni fa ma analoghe sono le soluzioni prese in considerazione per aumentare la vivibilità del centro e limitare l’impatto del traffico veicolare.
La conferma, una volta di più, che non esistono politiche per la mobilità di destra o di sinistra e che amministratori con idee politiche molto diverse possono trovarsi d’accordo se è comune l’idea sulla vocazione di
Como che è quella, presente e soprattutto futura, di una città della bellezza e dell’accoglienza dove l’economia del turismo non potrà non intercettare ulteriori scelte coraggiose per favorire pedoni e biciclette.
Non è un caso se, dopo tante proteste, la zona a traffico limitato ha via via iniziato a macinare consensi. E ora non è solo una curiosa coincidenza se l’assessore Gerosa, anche se per ora solo con un test di una giornata, ha deciso di riproporre la chiusura del lungolago, vale a dire la scelta più coraggiosa, in materia di viabilità e ambiente, assunta per la prima volta quindici anni fa dall’amministrazione Botta. Allora si scatenò, soprattutto all’inizio, una mezza rivolta. Buona parte dei comaschi contestò apertamente quella scelta, considerata inutile (in quegli anni eravamo nel pieno dell’emergenza per le polveri sottili) e dannosa per gli accodamenti provocati nelle zone immediatamente a ridosso di quelle chiuse al traffico. Se non serve a ridurre lo smog, si rimproverava a Botta, per quale ragione fermare le auto? L’ex sindaco, anche su questo lungimirante, aveva ovviamente ben chiaro che non sarebbe stato quello lo strumento più efficace per limitare l’inquinamento eppure decise di insistere. Anzi, di più: quasi nel tentativo di dare una sveglia ai comaschi su un terreno decisivo per il loro futuro, arrivò a studiare e a mettere in atto alcune giornate di stop totale alle auto in tutto il territorio comunale. Bloccato il girone, bloccate strade come la Canturina e la Varesina che, senza auto e camion, molti di noi non sanno nemmeno immaginare. In questo caso si trattò di una provocazione, certo, ma oggi abbiamo la conferma che non fu una mossa fine a se stessa. Fu l’occasione, già allora, per scoprire una città totalmente nuova, un po’ come quando nevica o esce il lago e, al di là dei disagi, in pochi cedono alla tentazione di fare due passi in un paesaggio affascinante, quasi inesplorato.
I semi gettati allora, finiti in un terreno arido nei dieci anni successivi con Bruni e Caradonna, germogliano oggi nel progetto dell’assessore Gerosa. L’idea di chiudere il lungolago la domenica, nel periodo di Expo può diventare una carta vincente per la valorizzazione di uno dei capoluoghi lombardi più belli, la naturale meta per una parte cospicua degli ospiti che affolleranno i padiglioni della Fiera. Si tratta però di una carta da giocarsi bene. Il Comune parta in anticipo e sappia, su di essa, costruire una forte azione di marketing territoriale. E i comaschi, almeno per una volta, lascino perdere le polemiche e colgano il valore di questa opportunità. Possiamo tutti fare un salto in avanti, guai a fermarsi ai piccoli grandi disagi del giorno prima.
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