Le buche, la sporcizia, il verde poco curato. E ancora, alzando il tiro, lo scandalo della Ticosa e soprattutto del lungolago. Sì, certo, a Como la galleria degli orrori è piuttosto lunga e forse non ha torto chi sostiene che negli ultimi anni, complici forse le casse comunali sempre più vuote, è notevolmente aumentato il tasso medio di degrado nelle aree pubbliche urbane.
In generale, è opinione diffusa, lo stato delle strade quanto dei giardini è peggiorato. E non ci vuole molto a capire il perché: laddove, negli anni d’oro della quotazione di Acsm, si poteva spendere dieci, oggi si fatica a tirare fuori uno. Una pezza a questo stato di cose, provvidenziale orgoglio civico, ce l’hanno messa i volontari che, gratuitamente, si stanno dando da fare per provvedere lì dove in passato arrivava l’ente pubblico.
Il quadro generale, in poche parole, induce allo scoramento anche perché all’orizzonte non si intravede, perlomeno a breve, la possibilità di un concreto cambio di rotta. Ma se dei tanti problemi di oggi i comaschi sono mediamente consapevoli, non altrettanto si può dire di ciò che di positivo, nonostante tutto, riesce ancora a offrire la città. In fondo ci sarà un motivo se il turismo locale è cresciuto quanto mai in passato, negli ultimi mesi, e gli ospiti, al di là di qualche segnalazione critica, hanno dimostrato di apprezzare le bellezze di Como con recensioni straordinariamente positive sui siti specializzati. Significa che noi vediamo ciò che loro non vedono oppure che i loro occhi, privi di abitudini e pregiudizi, gustano ciò che a noi sembra normale? Forse sono vere entrambe le considerazioni. Di certo Como non fa così schifo come noi talvolta la percepiamo.
Una conferma, in questi giorni, arriva dal ritorno in centro e sul lago del set di “Una grande famiglia”, una della più seguite fiction prodotte dalla Rai. Una conferma, l’ennesima che, al di là dei risultati prodotti dalla Film Commission, il brand Como piace, fa tendenza, resta sinonimo in Italia e all’estero di storia e cultura, natura e paesaggio. Il mondo è cambiato negli ultimi quindici anni e anche su questo terreno sono stati fatti molti passi in avanti. Qualcuno ricorda quando, ormai più di dieci anni fa, i comaschi si sorprendevano con gli occhi sgranati davanti agli attori di Vivere? Fu, quella, la prima grande produzione in città, portata qui con geniale intuizione dal sindaco Alberto Botta. A molti sembrò una situazione a dir poco estemporanea, buona forse a far sorridere nell’arco di un’estate.
Il seguito è noto: Vivere per anni ha accompagnato Como e la nostra città, da allora, è diventato uno delle più apprezzate e frequentate location per cinema e televisione. Una circostanza che ha dato visibilità mediatica e che ha generato lavoro. Alla bellezza di Como crede tutto il mondo, noi che ci viviamo lo manifestiamo un po’ meno. In fondo in fondo ci crediamo ma prevale spesso la tendenza a guardare il bicchiere mezzo vuoto, a piangerci addosso. Siamo fatti così, non è un dramma, se la propensione alla critica non si traduce in un no a priori a tutto ciò che contribuire al rilancio di Como.
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