Fiorenzo Magni aveva speso più energie per il suo Museo del Ghisallo, di quante ne avesse messe in corsa. Altro che tubolare stretto tra i denti, come fece quella volta leggendaria per tenere a posto la clavicola rotta. Segno di incredibile determinazione. La stessa che mise per realizzare un’opera mostruosa, intesa come imponenza e importanza.
Il Museo del ciclismo più importante del mondo. Magni spostò le montagne. Letteralmente. Per costruirlo lì. Vicino al Santuario. E tirò fuori tanti soldi di tasca sua, qualche volta anche per
pagare gli operai se gli stipendi tardavano. Come tutti sanno, però, il ciclismo è uno sport di squadra. E se è vero che senza gregari il campione non va nessuna parte, è altrettanto vero che senza uomo di punta è difficile vincere un Tour. Magni non c’è più da circa un anno. E la squadra del suo Museo ha cominciato a patire in salita. Lingua fuori. Servirebbe la spintina.
Magni era il leader, e basta fare un giro al Museo, e parlare con i suoi vecchi collaboratori, per capirlo chiaramente. Aveva una forza con cui sopperì alla mancanza di un progetto vero e proprio. Senza di lui, e senza il progetto di cui sopra, il Museo è rimasto solo. E ora rischia di chiudere i battenti sul serio e per sempre. Non solo per la pausa invernale. Progetto, dicevamo. Quello che avrebbe dovuto trasformare il Museo in una attrazione turistica in un contesto attrezzato, idealmente preparato. Coinvolgimento delle scuole, coinvolgimento delle strutture turistiche, collaborazione con le agenzie turistiche di settore, quelle che vivono sui viaggi specializzati.
Volete conoscere l’idea di partenza, che faceva inizialmente da culla al Museo? Una scuola di Mountain Bike nella zona di Barni; una serie di percorsi per ciclisti, su asfalto e su terra, da rappresentare un paradiso per l’appassionato disposto a passare qui le vacanze; ciclisti professionisti a fare da guida; dotazione di biciclette ad uso gratuito, corsa e mountain bike, per alberghi e bed and breakfast del territorio; gare di gran fondo ogni mese, con il Museo al centro della vicenda; incontri, proiezioni, convegni. Di tutto ciò non si è visto niente, perché il nostro è un territorio pachidermico, se si tratta di organizzare solo qualcosa di più articolato della sagra del toc o del missoltino. Per un progetto del genere ci vorrebbe un tavolo aperto a tutte le istituzioni. Per giocare la scommessa di rendere la zona del Ghisallo la vera capitale mondiale del ciclismo, un luna park per gli appassionati di ogni parte del mondo, con agenzie di viaggio dedicate. Ok, stiamo sognando.
Allora diciamo che la questione dei debiti ci pare la meno preoccupante, specie se la Regione Lombardia si adopererà per tenere in vita una struttura di valore mondiale. Ma deve essere chiaro che, dopo (ma non troppo), ci si dovrà occupare della questione progettuale. Perché la sensazione è che, per molti, ancora oggi, alla fine il via vai delle corse e la concentrazione popolare in zona siano solo una rottura di scatole.
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