È trascorso un mese da quando è esplosa l’emergenza umanitaria dei migranti accampati alla stazione San Giovanni nell’attesa, vana, di varcare il confine con la Svizzera.
C’è stata la risposta, generosa, di centinaia di comaschi ed è solo alla straordinaria mobilitazione del volontariato se è stato possibile garantire un minimo di assistenza. Del tutto insufficiente l’intervento delle istituzioni: il presidio sanitario è stato tardivo, lo è ancora di più la predisposizione di un’area attrezzata per l’accoglienza. Pare che tra qualche giorno verrà annunciata la sede dove verranno installati i cosiddetti container; ancora non è stato chiarito, in modo convincente, per quale ragione la caserma De Cristoforis, in cui operano poche decine di militari, sia stata scartata dalle soluzioni possibili; pare si stia lavorando sull’area di proprietà comunale alle spalle della basilica di Sant’Abbondio.
Pare, si dice, sembra. Già perché oltre che con il freno a mano tirato quando bisognerebbe procedere con la massima rapidità, la gestione dell’emergenza tira avanti nell’assoluta incertezza. Di preciso non si sa nulla, né la sede, come detto, e nemmeno i tempi di quella che, ma anche qui si naviga a sensazioni, sembra configurarsi come un’accoglienza di lunga durata. Intanto il tempo passa, i migranti continuano (quasi tutti) a dormire nel parco ed è inevitabile considerare con grande preoccupazione ciò che accadrà a fine mese quando le scuole torneranno a fare le scuole (il riferimento è alle docce del collegio Gallio) e gli oratori torneranno a fare gli oratori (è il caso delle parrocchie di Sant’Agata e di sant’Eusebio).
Va fatta chiarezza, prima possibile, su modalità dell’accoglienza futura e relative tempistiche. L’efficienza è del resto il migliore strumento per spegnere sul nascere polemiche e proteste, inevitabili forse ma oltremodo fastidiose su una vicenda così delicata. Ed evitare il rischio che isolati focolai di razzismo contagino una comunità che sta dimostrando, nei fatti, di avere buoni e sani anticorpi nelle sue mille articolazioni.
La politica non ha dato un buon spettacolo di sé. C’è chi campa fomentando l’odio e chi coltiva l’ideologia dell’accoglienza a priori e per tutti, un modello ovviamente non praticabile, buono forse per i gruppuscoli estremisti ma non per le persone assennate. Soluzioni al problema migranti, qui nel nostro piccolo, forse non ce ne sono. Meglio limitarsi ad aiutare il prossimo che soffre nella consapevolezza però che un limite, anche all’accoglienza, va posto e sta nella possibilità nostra di garantire condizioni di vita dignitosa a chi viene. I migranti, in una lettera molto toccante ai comaschi, hanno chiesto di essere trattati come persone umane e non come delle bestie. Giusto, giustissimo. Ma per poterlo fare è necessario anche stabilire che la porta non potrà essere aperta sempre a tutti perché è necessario che alla città sia dato concreto modo di uscire, in tempi ragionevoli, dall’emergenza. In una breve riflessione sui social Gianfranco Giudice, docente di filosofia al liceo Giovio, evocava la necessità anche su questo problema di unire idealità e realismo. Ha ragione, di questo si nutre la buona politica, quella che cerca di risolvere i problemi e non ha l’orologio costantemente tarato sul fuso delle elezioni.
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