Matteo Renzi dice che vuole sfuggire alla tentazione dell’”annuncite” e che per questo si sta – parole sue – «impiccando ad una data» per verificare che gli annunci, appunto, passino dal mondo delle idee e delle speranze a quello della realtà concreta.
Non si può dire certo che al premier manchi il senso della notizia e della comunicazione politica: ora i giornalisti e i frequentatori dei social network potranno baloccarsi con slogan (si chiamano “hashtag”, in gergo internettiano) come #passodopopasso, #millegiorni, ecc. lanciati da Palazzo Chigi per dire che le riforme che cambieranno il Paese si faranno da qui al 2017. Anzi, per dare il senso della trasparenza dell’azione del governo, passodopopasso è diventato un sito ufficiale del governo italiano dove si potrà verificare l’andamento dei provvedimenti in via di presentazione o esame parlamentare o attuazione regolamentare. Come si vede se qualcuno come il mastino Renato Brunetta, accusa il presidente del Consiglio di fare più chiacchiere che fatti, riceve in risposta un dispiegamento di strategia comunicativa studiata nei dettagli. Il punto è vedere se ha ragione Brunetta o Renzi. Cioè se il governo sta facendo dei fatti o se si limiti ad alimentare all’infinito la speranza che qualcosa davvero accada.
In queste settimane i numeri stanno giocando contro il Governo: se il quadro europeo è grigio, da noi il colore vira al nero sia in termini di Pil che di occupazione, di produttività, di accesso al credito, ecc. Tutti elementi che devono stare dentro la cornice imposta con il nostro consenso dalla Ue: il rapporto deficit/Pil, la crescita del debito, la verifica sulle riforme strutturali fatte e da fare. Ed è proprio qui il punto: la prima a non prendere più in considerazione parole e promesse è proprio l’Unione, intendendosi Bruxelles (la Commissione), Francoforte (la Bce di Mario Draghi) e Berlino (il socio di maggioranza). Il governo italiano attende ora di vedere mantenuti gli impegni presi da Junker in termini di flessibilità sui conti pubblici e di sostegno alla crescita. Impegni che almeno in parte verranno mantenuti: il punto è però che in cambio comunque dobbiamo dare fatti. Ancora una volta: fatti e non parole o promesse, slogan o hashtag. Quali sono i fatti prodotti finora dal Governo? Renzi ieri ha puntigliosamente elencato le cose fatte dal 22 febbraio ad oggi. Gli 80 euro, confermati anche per il 2015, il decreto Poletti e il disegno di legge delega sul mercato del lavoro in discussione, i provvedimenti urgenti sulla Pa e la riforma generale ora in Parlamento, la delega fiscale anch’essa alle Camere, i provvedimenti sulla Giustizia, alcuni per decreto altri per disegno di legge, lo “Sblocca Italia” e infine l’approvazione in prima lettura della riforma costituzionale e di quella elettorale. Tanto, poco? E’ chiaro che ognuno vede il bicchiere come gli pare. Squinzi per esempio ha affermato che lo SbloccaItalia non è lo choc che si aspettava, e i costruttori pure, epperò tutti hanno riconosciuto che si va nella direzione giusta.
La forza di Matteo Renzi sta, più che nei numeri, nella sensazione diffusa che lui rappresenti l’ultima spiaggia di un Paese stremato. E’ una forza di cui Renzi sa benissimo come giovarsi. Il consiglio che possiamo dargli è semmai quello di non abusarne.
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