Sono spuntati 13 nuovi (e allo stesso tempo antichi) monumenti a Como. Non vi siete accorti di nulla? Non allarmatevi, siete nella media: ci sono fior di ricerche universitarie sulla “plant blindness”, ovvero “cecità alle piante”, che la maggior parte di noi tende a non vedere, anche se costituisco il 99% di ciò che è vivo su questo pianeta, perché il cervello si è abituato a non considerarle fin dai tempi delle caverne, quando ci si doveva preoccupare degli animali e degli altri esseri umani, ma non dei vegetali.
La digressione era necessaria, perché i nuovi monumenti di cui stiamo parlando sono verdi e si trovano nella stessa lista di quelli bianchi (come la Casa del Fascio e il Faro Voltiano), grigio scuro (le mura di Como), grigio chiaro (il Duomo, in realtà ricco delle mille sfumature del marmo di Musso e di inserti in rosso d’Arzo e altre pietre), color acciaio (The Life Electric), insomma tutti quelli che si possono immortalare in Como e provincia per partecipare al più grande concorso fotografico mondiale, Wiki Loves Monuments, in corso dal primo al 30 settembre in 50 Paesi. Tra le novità di quest’anno, due toccano particolarmente il nostro territorio. Innanzi tutto è nata una sezione comasca del concorso, grazie alla collaborazione tra Wikimedia Italia, l’associazione Sentiero dei Sogni e “La Provincia”, cui altri soggetti hanno dato e daranno un contributo: a partire dagli enti pubblici e dai privati che hanno firmato le liberatorie affinché una settantina di monumenti di loro proprietà possano essere fotografati, e le foto caricate sulla banca dati mondiale Wiki Commons; tra questi la Società dei Palchettisti che in una delle sale del ridotto del Teatro Sociale ospiterà la premiazione (oggi trovate sul nostro giornale due pagine speciali con tutti i dettagli). E poi, l’inserimento da parte di Wikimedia Italia, dei “giganti verdi” cittadini nella lista dei monumenti, primo esito di vasto impatto sul pubblico di una lunga battaglia per il riconoscimento e la salvaguardia degli “alberi monumentali”. Lo scorso 12 febbraio, infatti, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale l’“Elenco degli alberi monumentali d’Italia” e ancora più fresco è il “primo aggiornamento dell’elenco nazionale”, ratificato con un decreto dirigenziale del 9 agosto.
L’iter che ha portato a questo approdo legislativo è partito trent’anni fa, quando il Corpo Forestale dello Stato, inopinatamente cancellato dal governo Renzi dal 2017 nell’ambito della riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, avviò il primo censimento degli “alberi monumentali”. Perché questi venissero riconosciuti per legge si è dovuto aspettare il 2013, quando il governo Monti, come ultimo atto, ha approvato le “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, che definiscono anche i criteri per riconoscere la “monumentalità” degli alberi: non solo quelli “secolari”, che si distinguono per “maestosità” e “longevità”, ma anche gli esemplari che “recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti da un punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali”, nonché “i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico [...] ivi compresi quelli nei centri urbani”.
Wikimedia Italia non ha avuto dubbi nell’inserire subito nella lista dei monumenti anche i “patriarchi verdi” comaschi riconosciuti dal ministero, e non ha chiesto la liberatoria ai proprietari, come fa per gli edifici. Anche questo dettaglio offre spunti di riflessione, e di suggestione poetica: l’albero è di tutti, con le sue radici ancorate nella terra, che pure appartiene a qualcuno, ma i rami, le foglie e i fiori librati nell’aria, dove rilascia ossigeno e aromi tanto preziosi quanto inafferrabili. Ora, a noi comaschi, non resta che prendere la macchina fotografica e andare a immortalare questi monumenti arborei. Qualche indizio per trovarli: sono il platano occidentale del ninfeo del Museo Giovio e quello comune di piazza Camerlata (sopravvissuto prima al filobus e poi al traffico automobilistico, con tanto di cartello inglobato nel fusto), il cedro del libano e la magnolia sempreverde del Parco del Grumello; il corbezzolo di Villa Saporiti; il cedro dell’Atlante nei giardini dell’Istituto Ugo Foscolo; il Ginkgo biloba, il cedro dell’Himalaya e il platano occidentale di viale Geno; infine l’ippocastano e il cedro del libano di Villa Olmo. Ecco, quest’ultimo è la prova di quanto un’immagine sia importante per diffondere la bellezza di un albero, non differentemente da quella di un edificio: basti pensare alla serie di incisioni sugli alberi monumentali che una grande artista del Novecento, Federica Galli, avviò nel 1988 (e concluse dieci anni dopo), eternando tra i primi proprio il cedro di Villa Olmo. Ora, le foto che scatterete voi per partecipare al concorso Wiki Loves Monuments avranno la possibilità di contribuire a diffondere nel mondo la conoscenza di questi ”giganti silenziosi” (titolo di un libro di Tiziano Fratus che si consiglia per approfondire il tema), oltre che degli altri monumenti comaschi, perché tutti le immagini confluiranno nel database mondiale Wiki Commons, dal quale potranno essere attinte per implementare o creare voci dell’enciclopedia free Wikipedia, della guida turistica mondiale Wikivoyage, ma anche da chiunque volesse contribuire a fare opera di divulgazione (con l’obbligo di citare l’autore e la licenza “creative commons”). Un ultimo pensiero per l’albero monumentale che, appena entrato nella lista ministeriale (e in quella di Wiki Loves Monuments), è morto: l’ippocastano che aveva dato il nome al parcheggio di via Aldo Moro, ed era diventato un simbolo delle battaglie degli ecologisti comaschi negli anni Ottanta-Novanta, destinato ad essere abbattuto proprio questo mese. Fotografarlo e inviarlo al concorso è un modo per continuare e farlo vivere, almeno su Internet.
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