Le larghe intese reggono ancora una volta ai guai giudiziari di Berlusconi. La sentenza della corte costituzionale che ha dato torto alla difesa dell’ex premier non ha avuto altro effetto che quello di agitare brevemente le acque dove naviga il vascello del governo Letta. Ma niente di più.
E’ evidente che da palazzo Grazioli è partito l’ordine di attaccare a testa bassa i giudici stando però attenti a non coinvolgere in alcun modo l’esecutivo e il Pd nella polemica. Consegna rispettata quasi alla lettera dalle truppe berlusconiane. Ci sono stati commenti severi sulla Consulta (Brunetta ha parlato di giudizio politico ’’aberrante’’, Bondi si è spinto a dire che ’’lo Stato non esiste più ’’ e ha chiesto a Letta di esporsi in prima persona a difesa del Cavaliere) ma nessuno ha messo in discussione la necessità dell’accordo di maggioranza; e nessuno ricorda le incendiarie parole pronunciate 24 ore prima da Gasparri, che minacciava dimissioni di massa.
L’unica che si è spinta un pò oltre è stata Michaela Biancofiore, che dalla sua posizione di sottosegretario ha minacciato di ricorrere alla corte dei diritti della Ue. Berlusconi è irritato e ripete di sentirsi nel mirino di una magistratura che vuole eliminarlo dalla scena politica. Ma Letta può dormire sonni relativamente tranquilli. Il premier, dopo aver ascoltato e soppesato le reazioni del Pdl, si è convinto che dall’ultimo capitolo delle vicende giudiziarie di Berlusconi ’’non ci saranno conseguenze di nessun tipo’’ per il governo. Dello stesso avviso Epifani: secondo il segretario del pd un governo nato per porsi al servizio dei cittadini non può cadere se la Consulta boccia un ricorso di Berlusconi. Questo non significa però che l’esecutivo possa camminare su un letto di rose.
Letta deve guardarsi dal pressing del Pdl sulle misure economiche: la fiducia che Berlusconi garantisce al governo è subordinata all’abolizione dell’Imu e allo stop all’’aumento dell’Iva. Se queste misure dovessero saltare, Berlusconi non resterebbe in silenzio a guardare ma potrebbe essere tentato di far saltare il banco. Letta lo sa bene e deve trovare una difficile sintesi tra richieste del pdl e impegni presi con l’Europa. Nel frattempo il governo comincia a trovare qualche difficoltà di cammino in Parlamento: l’ostruzionismo dei deputati grillini si è rivelato più insidioso di quanto si pensava, tanto da indurre Palazzo Chigi a porre la fiducia sul decreto emergenze. Ricorrere alla fiducia non è mai una manifestazione di forza per un governo che può contare su una maggioranza vasta come quella che sostiene il governo delle larghe intese.
Per Letta il voto di oggi alla Camera sarà comunque un importante test per capire quanto i deputati della maggioranza sono ancora compatti. Una volta incassata la fiducia il governo dovrà concentrarsi sull’adozione delle misure più attese. Non è stato un segnale positivo, si commenta nella maggioranza, lo slittamento del piano sul lavoro che Letta aveva promesso di portare al consiglio dei ministri in programma oggi e che non ha ancora visto la luce.
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