Mario Lucini considera positivo il lavoro per la città svolto nell’arco degli ultimi dodici mesi. Ma – così ha detto ieri nella tradizionale chiacchierata di fine anno con i giornalisti – ha due motivi di rammarico: l’impossibilità di stabilire oggi una data certa per l’inizio dei lavori delle paratie e l’incertezza sul destino della Ticosa.
Si tratta di due “patate bollenti” ereditate e che pesano come macigni. E per una volta va reso all’attuale primo cittadino l’onore delle armi. Comunque è un dato di fatto che negli ultimi trent’anni sono state le due grandi incompiute della città. Sul lungolago la questione della data ha rilievo fino a un certo punto. Tale è lo scandalo di quanto fatto nel passato che non saranno due tre mesi in più (tutto italiano il fax con le prescrizioni della Soprintendenza in zona Cesarini) a condizionare il giudizio dei comaschi su questa vicenda. Si tratta, ovviamente, del problema dei problemi. E venirne a capo in tempi ragionevoli è la vera sfida di Como per i prossimi due anni
Sull’area della ex Ticosa si è scritta una vera e propria enciclopedia. Le proposte in passato sono state le più disparate. C’è anche chi ha avuto la pensata di realizzare “in loco” un grande acquario delle specie ittiche del lago di Como: che sono poche decine visto che non ci troviamo nel Mar dei Sargassi. Poi le proposte di destinazione d’uso sono state le più varie: senza che mai se ne venisse a una. Oggi la grande incognita è una bonifica infinita arrivata a costare la bellezza di 4 milioni di euro. L’incertezza sul futuro dell’ex Ticosa è oggi uno dei problemi più complicati che l’amministrazione deve risolvere. Lucini sia concreto e pragmatico, non esiti ad assumere scelte coraggiose se non vuole finire come tutti i suoi predecessori. L’ex Ticosa è il simbolo di una classe dirigente che ha fallito non riuscendo mai a trovare un accordo su un uso pubblico di un’area tante volte definita strategica per la città. Ma a strategia corrisponde solitamente chiarezza di idee e di vedute.
A Lucini non si può rimproverare assenza di serietà e di preparazione. Allora diventa urgente concentrarsi su alcune priorità, che sono il punto di attacco per fare uscire la città dall’immobilismo. Como, città d’imprenditori non può essere considerata come il fanalino di coda delle città lombarde.
Va dato atto al sindaco di avere introdotto uno stile e un modo di governare fondato sul dialogo con i cittadini, le categorie sociali, gli imprenditori. Certo, il confronto con l’opposizione è vivace, talvolta aspro, ma è nella logica delle cose che i comaschi si dividano e che sulle cose più sentite il confronto si esasperi e assuma toni talvolta sproporzionati.
Le auto celebrazioni portano male e spesso sono di cattivo gusto. Ma si può essere indulgenti con la lista delle 94 azioni consegnata ieri ai giornalisti dal sindaco. Certo nell’elenco di cose fatte e realizzate c’è un po’ di tutto. Anche provvedimenti minimi, vera e propria ordinaria amministrazione come gli interventi di derattizzazione e contro le zanzare. Ma di questi tempi fare il sindaco è ruolo difficile: poche risorse, l’onere di spremere i cittadini con tasse sempre più pesanti. Aspettarsi grandi opere un giorno sì e l’altro pure sarebbe poco realistico. Prendiamoci l’elenco del 2014 e che sia di buon auspicio per Como, in fondo Lucini stesso sa bene che c’è bisogno di qualcosa di più per guardare il bicchiere davvero mezzo pieno.
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