Nel Pdl guerra
con finale a sorpresa

La serie di rilanci che scandisce l’approssimarsi del Consiglio nazionale del Pdl sta seminando confusione nel governo e nella maggioranza. Falchi e colombe del centrodestra sembrano dare vita ad una sorta di replay delle ore che hanno preceduto il voto di fiducia del 2 ottobre: in quell’ occasione Silvio Berlusconi, con un colpo a sorpresa non comunicato ad alcuno dei suoi, scongiurò all’ultimo momento l’implosione del Pdl annunciando il rinnovo del sostegno ad Enrico Letta.

Stavolta non è in gioco il governo ma il futuro della sua creatura, quel Pdl che sta per trasformarsi nella nuova Forza Italia. Il Cavaliere intende con ogni evidenza conservarne il controllo e questo è il motivo per cui ha invitato i «governativi» - che sarebbe più esatto definire dissidenti - a ricordarsi di Gianfranco Fini. Un bluff o una prova di cesarismo per andare fino in fondo nella conta interna? A ben vedere l’offensiva berlusconiana mostra alcuni limiti.

Intanto, giunge a meno di due mesi dalla fiducia appena rinnovata al governo delle larghe intese, che è pur sempre una sua creatura politica: l’elettorato moderato non può che restarne sconcertato, soprattutto in un momento in cui la crisi economica non è stata ancora superata. E poi si muove ufficialmente a difesa degli impegni elettorali ma è accompagnata dalle critiche quotidiane al Pd e al premier accusati di appoggiare «l’omicidio politico» del leader dell’area moderata.

Ora, non hanno torto quanti nel Pdl (Cicchitto, Giovanardi) osservano che, facendo cadere il governo, Berlusconi non si salverebbe comunque: sarebbe escluso dal Parlamento a causa della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici che la Cassazione emanerà a breve. Dunque la crisi non servirebbe a nulla se non a marcare una posizione di principio che però danneggerebbe il Paese (sono immaginabili le reazioni dei mercati ad una caduta del governo). Ne deriva che il Cavaliere, come ogni buon giocatore di poker, può avere un altro obiettivo più nascosto. Al momento sembra aver abbracciato la linea degli oltranzisti, ma non può ignorare ciò che gli ripetono da sempre gli amici di una vita (Gianni Letta e Fedele Confalonieri) e i suo figli: rinchiudersi in un bunker senza vie d’uscita gli toglierebbe quel peso che può ancora esercitare sulla compagine governativa e allungherebbe ombre preoccupanti sulle sue aziende. Certo, l’atmosfera è quella della scissione imminente.

Alfano non vuole farsi logorare in un braccio di ferro che non può che vederlo sconfitto nel voto al Cn. Potrebbe decidere la creazione anticipata di gruppi autonomi e di disertare un appuntamento, l’assemblea dei consiglieri Pdl, che i suoi nemici vogliono trasformare in un tribunale. Ma il Cavaliere può rinunciare davvero al suo storico ruolo di arbitro tra due anime che lottano in realtà per il controllo del partito e, al di là delle parole, per la successione? Una sua ricandidatura infatti è impedita dalla legge e parlarne può dare fastidio ma in definitiva costituisce la realtà dei fatti. La frattura con Alfano si è consumata su questo fronte ma l’uomo è pur sempre il delfino che lui stesso ha scelto per guidare il Pdl. Dunque un colpo di scena non è da escludere.

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