Il Regno Unito è tornato nel mirino delle grandi organizzazioni del terrorismo islamista. È questa la prima conclusione che possiamo trarre dall’efferata strage compiuta tra i ragazzi e i bambini convenuti alla Manchester Arena per un concerto di Ariana Grande.
Il gesto somiglia non a quello del lupo solitario che due mesi fa, sul ponte di Westminster, a Londra, ha lanciato l’auto contro i passanti e accoltellato un poliziotto, uccidendo cinque persone, ma a quella del 2005, quando quattro attacchi suicidi (tre nella metropolitana e uno su un autobus) provocarono 52 morti. L’arruolamento del kamikaze, la costruzione di un ordigno esplosivo artigianale sono le “firme” che rendono credibile, questa volta, la rivendicazione dell’Isis, arrivata poche ore dopo il fatto.
Se così è, abbiamo l’ennesima conferma che la “guerra al terrorismo”, proclamata più di sedici anni fa da George Bush junior nove giorni dopo le Torri Gemelle e abbracciata da tutti i Paesi dell’Occidente, è ben lungi dal dare i risultati sperati. Tante tristi realtà, già prima della tragedia di Manchester, erano arrivate a confermarlo. Dal 2000 al 2016 le vittime del terrorismo nel mondo sono cresciute di nove volte. I Paesi che hanno subito almeno 500 morti per atti di terrorismo riconducibile all’estremismo islamista sono passati da cinque a undici tra il 2013 e il 2014. Tra il 2014 e il 2015 gli attentati kamikaze sono aumentati del 18%.
Però la strage dei giovanissimi di Manchester, che ripugna alla mente per la sua crudeltà, è per di più arrivata in un momento particolare. Cioè, mentre Donald Trump, presidente del Paese che da almeno un secolo detiene la leadership del mondo occidentale, viaggiava in Medio Oriente per confermare la saldezza del patto che lega il nostro mondo alle petromonarchie del Golfo Persico, che sono notoriamente ispiratrici e finanziatrici di gran parte dei movimenti estremistici e violenti oggi attivi nel mondo. Questo è un dato di fatto di cui tutti, ormai, sono al corrente, confermata da una serie infinita di studi e ricerche e persino dalle mail che Hillary Clinton scrisse ai propri collaboratori quand’era segretario di Stato Usa e che sono poi state diffuse (e dalla Clinton mai smentite) da Wikileaks.
Dobbiamo allora chiederci perché. Perché si prosegue in una politica che ha disseminato di lutti atroci il Medio Oriente e di episodi appena meno drammatici anche l’Europa? Come si può credere che arriveremo a stroncare il terrorismo islamista se continuiamo ad armare e proteggere proprio i Paesi che con quel terrorismo sono più compromessi?
Per dirlo in un modo assai retorico ma efficace: chi andrà a spiegare alle famiglie di Manchester che questa politica è giusta anche se ha preteso le vite dei loro figli?
Gli Usa e l’Europa, ma soprattutto noi cittadini europei, siamo andati a cacciarci in una trappola terribile. Abbiamo pensato di poter stringere impunemente patti con il diavolo di turno e ora siamo legati a Erdogan per i migranti, ai sauditi per i loro dollari e i terroristi, ad Al Sisi per fermare il potenziale collasso dell’Egitto e così via.
Continuando ovviamente a ribadire il nostro attaccamento ai “valori”, alle “libertà” e a tanti altri concetti alti in teoria ma risolutamente abbassati nella pratica. Bisognerebbe cambiare, e subito. Ma gli applausi al nuovo Trump che incontra il Papa ma prima ancora era arrivato in Arabia Saudita carico di armi ed era ripartito carico di dollari non fanno ben sperare.
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