C’è stato un tempo per le illusioni. Un tempo ormai lontano, quando tutto questo poteva ancora essere evitato. Il lungolago era una passeggiata senza ostacoli da Villa Olmo a Villa Geno e il progetto paratie una serie di fantasiosi rendering appesi a una palizzata di legno, ma nulla più. Quel tempo e le scelte fatte hanno i loro protagonisti e i loro responsabili. Uno su tutti: l’allora sindaco, Stefano Bruni, e la sua maggioranza.
Poi c’è stato un tempo per la denuncia. Un pensionato a spasso con il cane Pluto si accorge prima di ogni tecnico che i rendering affissi alla palizzata non hanno nulla a che fare con la realtà. Il lago che era abituato a vedere era scomparso dietro a un muro che solo l’ex assessore Fulvio Caradonna si rifiutava di vedere. È stato un tempo di proteste e di rabbia e di una città pronta a ribellarsi a chi aveva deciso di sfregiare il suo meraviglioso volto.
Quindi è venuto il tempo della speranza, che aveva lo sguardo e le promesse di Mario Lucini. Era il 2012 e davvero tutti o quasi hanno sognato che il maledetto cantiere potesse finalmente imboccare la giusta strada. Così non è stato. Si sono cercate scorciatoie che si sono rivelate trappole. S’è fatto così largo il tempo della delusione. E subito dopo quello delle bocciature e delle inchieste giudiziarie. Nel mezzo c’è stato anche il tempo per l’impegno e la sollevazione popolare e per le firme su decine di migliaia di cartoline che hanno avuto il merito di dare la misura da un lato dell’indignazione dei comaschi, dall’altro dell’amore della città per il suo lago.
Ora la fine di questo mese di luglio potrebbe aver inaugurato un tempo nuovo. Ci piace pensare che possa essere finalmente giunto - per parafrasare una canzone di Ivano Fossati - il “tempo d’aspetto, qualcosa di buono che verrà”. O, per dirla altrimenti, il tempo dell’ottimismo. La nomina (travagliata pure quella) del responsabile del procedimento e, tra pochi giorni, quella del direttore lavori sono il primo passo per - quantomeno - immaginarci che esista un barlume in fondo al tunnel imboccato dieci anni fa.
Una cosa è certa: il tempo delle chiacchiere e delle promesse a vanvera è finito. O, quantomeno, non sarà più tollerato (60mila cartoline con altrettante firme in calce son lì a testimoniarlo).
Ottimismo non vuol dire cecità. Neppure fiducia cieca, che nell’enorme pasticcio delle paratie è chiaro che nessuno può pensare di meritarsi. E non vuol dire neppure una delega in bianco data a qualche autoproclamato salvatore della Patria. Questo, al contrario, è il tempo in cui gli enti pubblici hanno l’obbligo di far partecipe la città di ogni scelta, determina, delibera, ipotesi, decisione. Un tempo in cui la scaletta annunciata venga finalmente rispettata e le procedure rigorosamente seguite. In gioco non c’è soltanto il futuro del nostro lungolago (hai detto poco!), ma anche quello di un’intera amministrazione comunale e con lei, di rimando, di Como. Perché se entro la prossima estate il cantiere ripartirà com’è lecito attendersi, forse anche all’interno di un Palazzo oggi sull’orlo del collasso e di fatto bloccato tornerà la fiducia e, con questa, la voglia e la forza di ricominciare a pensare alla città.
Avendo deciso di inaugurare il tempo dell’ottimismo meglio evitare di pensare all’alternativa peggiore, un’altra estate di lavori bloccati. Perché - è ancora Fossati a dirlo - se c’è stato «un giorno che ci siamo perduti con tutto un programma futuro che non abbiamo avverato» ora è lecito attendersi quel «tempo sognato»: i nostri bambini finalmente a passeggio su un lungolago che non hanno mai visto: senza ostacoli ne cantieri. Da Villa Olmo a Villa Geno.
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