Non è il caso di scomodare ulteriormente l’usurato apologo del marziano di Ennio Flaiano. Restiamo sulla Terra e immaginiamo un turista che plani sul lago di Clooney, scenda al Grand Hotel a Tavernola e decida di dirigersi a piedi verso il centro di Como. Durante il tragitto lungo la via Per Cernobbio noterà come il livello del lago sia talmente basso da scorgere con nitidezza i sassi del fondale, le darsene a secco macchiate fino al punto in cui un tempo giungevano le acque e quante spiaggette di fresca comparsa punteggino il cammino. A questo punto, lasciata alla spalle la magnificenza del parco di Villa Olmo, si troverà nella parte cittadina del percorso rivierasco e incontrerà il cantiere abbandonato.
Incuriosito, magari domanderà a un indigeno cosa si debba costruire lì. “Le paratie, caro signore”, sarebbe la risposta. “Serviranno a difendere la città dalle esondazioni del lago”. A quel punto lo smarrito turista si chiederà se è capitato in un borgo di matti o di buontemponi. Perché, se la vista non l’ha tradito durante la passeggiata, tra l’acqua e la strada c’è un tale dislivello per cui sono uno tsunami potrebbe far tracimare le acque. “Forse questa è una zona sismica”, avrebbe magari concluso il perplesso viandante “e ci sono già state onde gigantesche seguiti a eventi tellurici”. Gli sarebbe stato risposto che non è così. “Ma tempo fa, al lago piaceva fare passeggiate senza preavviso al di fuori dei propri alloggi – questa la spiegazione del l’interlocutore - . E la brutta e spoglia piazza che lei si trova di fronte, intitolata al più grande statista della storia d’Italia e che peraltro un tempo in qualità di porto cittadino aveva fatto parte delle pertinenze lacustri, è stata spesso sommersa. E a volte le acque erano addirittura arrivate a impregnare le fondamenta di quella stupenda Cattedrale poco più in là che lo consiglio di visitare - . Non che questi eventi eccezionali non potessero essere in qualche modo fronteggiati. Sarebbe bastata una diversa politica di regolazione delle acque e delle piene. Ma era usanza, e lo è ancora, pensare che il primo bacino del Lario, privo di emissari, sia una sorta di grande vasca da bagno, il cui tappo viene manovrato da persone che con la città di Como hanno poco a che fare. Alla fine, caro signore, è il solito problema del peso politico di questa città che, lei non lo sa, raramente è andato al di sopra della categoria piuma”.
“Allora”, la deduzione del gitante, “fate le paratie perché non avete peso politico”.
“Anche - replicherebbe il personaggio locale di questa storia, un po’ scocciato per l’insistenza di questo personaggio curioso e impiccione-. Ma, soprattutto, le abbiamo costruite perché la Regione ci ha dato i soldi”.
“Fortunati quindi”, esclamerebbe l’astante.
“Eh, - sarebbe la risposta -. Fino a un certo punto. Perché la faccenda si è ingarbugliata, il progetto è stato modificato più volte, i costi sono cresciuti e i finanziamenti della Regione non sono più bastati, c’è stato un lungo fermo cantiere, la magistratura ha aperto un’inchiesta e il processo si sta celebrando in questi giorni”.
“Ah, quanti problemi, poveretti. Però adesso siete a buon punto?”
“Beh, il cantiere è passato dal Comune, che ne aveva combinate più di Carlo in Francia, alla Regione. Proprio in questi giorni, sa, è stato presentato il nuovo progetto che poi non è tanto diverso da quelli vecchi che avrebbero potuto già essere terminati da un bel pezzo”.
“E invece?”
“Invece bene che vada ci vorranno ancora quattro anni e qualche altro milione in più”.
“Però poi sarete tranquilli per ciò che riguarda le esondazioni del lago”
“Per quello lo siamo già da un po’. Sa com’è. Il clima è cambiato, fa più caldo, i ghiacciai si sono ridotti, riversano meno acqua nei torrenti e da questi nell’Adda che è il nostro immissario, il lago è quasi sempre basso è difficile che esca, se non magari per mezzo metro davanti alla piazza”.
“Insomma sarebbe come costruire una trappola per difendersi da un animale probabilmente estinto?”
“Se la vuole mettere così…”.
“Sì è fatto tardi, la saluto, grazie per le informazioni”
“Ci mancherebbe, buona vacanza”.
“Grazie, avrò qualcosa da raccontare quando tornerò nella mia città: quanto siete strani voi comaschi…”
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