A Como non ci sono parcheggi sufficienti nel periodo natalizio quando, grazie alle attrazioni, alle luci, ai mercatini eccetera eccetera, la città attira migliaia di persone che restano in fila per ore, intasano, inquinano e magari decidono di tornarsene a casa con il proposito di non mettere più piede - anzi, ruota, perché il piede manco lo posano – in quella città che sarà anche bellissima ma resta inavvicinabile.
La tesi, centrata anche se non proprio originale, è dei commercianti di Como, che lanciano strali contro il Comune per non avere predisposto un piano straordinario della sosta e attaccano in toto, bocciandola, la politica parcheggi della giunta Lucini.
La polemica si inserisce in uno scontro atavico tra negozianti e politici iniziato negli anni Settanta, quando l’amministrazione Spallino osò chiudere al traffico il centro storico scatenando le proteste dei commercianti. Gli stessi che oggi scenderebbero in piazza se un sindaco dovesse decidere di tornare ad allora. Come in ogni muro-contro-muro le dichiarazioni si inseriscono in un gioco delle parti che mischia torti, ragioni e omissioni e che si presta a facili strumentalizzazioni, per cui è forse il caso di fare qualche precisazione. Ad esempio ricordare che solo pochi mesi fa, quando Lucini&C decisero di allargare la ztl attorno al Duomo, gli stessi commercianti scesero in piazza paventando la desertificazione del centro e la fuga dei clienti . Non è andata così, anzi. Se l’afflusso di gente adesso è un problema significa che l’esito è stato esattamente l’opposto. Non soltanto sotto Natale: l’intero 2015 ha infatti segnato un incremento dei turisti e, di riflesso, ha registrato una svolta positiva del commercio, come attestato dagli stessi negozianti che, una volta tanto, si sono trattenuti dalle croniche lamentele.
Dall’altra parte nemmeno la “difesa” del Comune è priva di punti deboli. Il sindaco mette sotto accusa la mentalità che ci porta a usare sempre e solo l’auto. Ma cosa si è fatto per tentare di cambiarla? Un problema come quello della sosta va affrontato a monte, con la programmazione. A Como però manca un piano che preveda parcheggi esterni, veri e fruibili, abbinato a un piano della mobilità per collegare i posteggi alla città con treni-navetta o bus-navetta che siano davvero tali e non soluzioni raffazzonate tipo la caccia al tesoro cui è costretto chi cerca un bus nell’autosilo della Val Mulini. Un piano che sfrutti il doppio asse ferroviario e che valuti soluzioni anche drastiche come la chiusura del girone o della convalle, che potrebbero sì far cambiare la mentalità. Insomma, una programmazione che vada oltre le difficoltà finanziarie contingenti e che possa indicare un cammino da seguire e un ordine di priorità, non soluzioni pasticciate e di breve respiro. D’accordo, manca lo sfogo della Ticosa (ma a chi tocca risolvere il problema?) e qualcosa si è pensato come le agevolazioni per la riconversione a parcheggio delle aree dismesse, ma l’idea che non pare avere suscitato grandi entusiasmi.
Il Comune dice anche che l’autosilo della Val Mulini o quello di via Castelnuovo sono rimasti inutilizzati. E’ vero, ma questo dovrebbe far riflettere su che cosa si è fatto per indirizzare nei posti vuoti le auto in coda. Fingetevi non comaschi e provate a seguire i cartelli dei parcheggi (dove ci sono): “Ippocastano”, “Valduce”. E dove sono mai?
In un quadro del genere diventa ovvia la contestazione dei commercianti sulla mancata realizzazione dell’autosilo in viale Varese proposta dai privati. Una soluzione parziale, certo, ma meglio del nulla. Come direbbe Lubrano la domanda sorge spontanea: ma davvero una Como in queste condizioni di emergenza cronica può permettersi di dire no a una proposta a costo zero?
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