Una canzone in voga negli anni ’30, pare di fronda contro il regime, parlava di Pippo (qualcuno, appunto, lo identificava con “Lui”) che ignorava le risate della città al suo passaggio (E Pippo, Pippo non lo sa…). La si potrebbe riadattare per dedicarla, con un sorriso, all’assessore Francesco Pettignano che, nonostante la delega in materia, ignorava che mentre lui era impegnato a eseguire il numero dell’arrampicata sugli specchi nel vano tentativo di giustificare la vergogna dei cimiteri di Como - una Spoon River di erbacce e vegetazione degna di una jungla neppure metropolitana - , altri dal Comune scodellavano l’uovo di Colombo: una pattuglia di operai inviati al Monumentale con idonea attrezzatura.
Pensate come sarebbe andata a finire se questo giornale non avesse ammorbato per giorni i suoi lettori con i puntuali pezzi e le choccanti foto dell’erba là dove una volta c’era una città delle anime. Nella migliore dell’ipotesi si sarebbe arrivati a settembre, perché agosto, caso mai ce lo fossimo scordati ci ha pensato Pettignano a rammentarcelo calendario alla mano, è il mese in cui tutti, anche i giardinieri, fanno le ferie.
A questo punto, sembra evidente che a palazzo Cernezzi magari le idee sono poche, di sicuro confuse. Poco male, va di moda nella politica di questi tempi anche a livelli più elevati
Dopo giorni di dichiarazioni grondanti burocrazia come polverose pandette di due secoli orsono, dopo aver opposto uno stizzito “no” agli alpini che erano pronti a muoversi come i loro antenati sulla sponda del Piave e a quest’ora avrebbero già ottenuto la loro Vittorio Veneto e dopo aver creato le consuete aspettative da Deserto dei Tartari, tutto d’un tratto ecco che appare Godot con il falcetto in pugno e tanti saluti all’erba. Almeno a quella del Monumentale.
Ma non pensino di cavarsela con un’azione dimostrativa. La Provincia continuerà a mantenere i canini sull’osso fino a quando l’ultimo pelo superfluo d’erba sopravviverà in uno degli otto cimiteri cittadini e questi ultimi saranno diventati come quelli degli altri comuni “normali”. Se non li avete mai visti, prendetevi la briga di girare le pagine fino alle sezione di cronaca di Como e noterete le immagini, non photoshoppate, scattate nei camposanti di Cantù, Erba, Mariano, Lecco e Sondrio. Luoghi ordinati e composti come indica la loro ragione sociale. Che vi siano dei fenomeni, alla guida di questi Comuni? Chissà. Forse sono solo persone di buon senso, in grado di tenere testa a questioni banali che più non si può come il taglio dell’erba. A Como forse siamo estrosi, mettiamo le ruote panoramiche, bocciamo i parcheggi e la sistemazione del verde di viale Varese (ci deve essere qualche problema tra questa amministrazione e le essenze naturali) e poi? Boh…
Se ci è voluto tutto questo tempo e cotanto ingegno per vincere la battaglia delle erbacce, viene da chiedersi cosa accadrà quando sul tavolo dell’Amministrazione arriverà il faldone della Ticosa. L’impressione è che l’area dell’ex tinto stamperia, anche lì peraltro c’è una spontaneità vegetale che consola, potrà rimanere così ancora per qualche lustro. Idem i problemi del traffico e le solite grandi questioni della città che a forza di crescere ormai, altro che l’erba, rischiano di diventare dei baobab. Ecco perché alla città non resta che ridere come nella famosa canzone di Pippo. O in quella di Little Tony: “Riderà, riderà, riderà, tu falla ridere perché… ha pianto tanto insieme a me”.
In questi giorni con la ricorrenza che si avvicina, non si può non provare un moto di solidarietà nei confronti di Sant’Abbondio. Che grana gli è toccata… L’avrebbe mai immaginato quando ha accettato l’incarico a tempo indeterminato di patrono di Como? Meglio che continui a guardare giù.
@angelini_f
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