C’è da sperare che abbia ragione Fabrizio De Andrè: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Perché le trattative tra M5S e Pd per il governo eventuale più che riflettere lo splendore dei gioielli, sembrano emanare, con tutto il rispetto (per chi decidetelo voi) l’olezzo del diffuso concime agricolo. E se nascerà qualcosa, il che appare sempre più difficile con il trascorrere del tempo, rischia di essere un fiore brutto, spinoso e fragile, pronto per finire sotto la falce del Capitano che andò per fracassare e finì fracassato ma ora pur gibollato potrebbe comunque tornare al centro del palcoscenico. E già da qui si può capire tutto.
Per tornare ai pentastellati (che ne dite se togliamo la prima “t”?) che hanno brandito in maniera spudorata il vecchio motto “Francia o Spagna purché se magna” e al Pd, comunque vada a finire rischia di essere un disastro. Perché diciamola tutta: questo governo doveva farsi dopo il voto del 4 marzo 2018. E ci sarebbero pure riusciti se Renzi non avesse fatto saltare tutto. Lo stesso ex premier che sia pure in condizioni politiche diverse ha lanciato la nuova alleanza all’improvviso santificata da lui e da Beppe Grillo, azionista di maggioranza morale del Movimento Cinque Stelle. Nulla di male. In politica la coerenza non è un requisito stabilito dalla Costituzione e solo i cretini non cambiano mai idea. Però un governo che nasce sotto gli auspici che vediamo e che serve solo a salvare le poltrone parlamentari di Di Maio & C. oltre a sfruttare il presunto autogol di Salvini e perseguire i diabolici disegni del Renzi di cui sopra e di qualcun altro (vedi alla voce elezione del presidente della Repubblica nel 2020), dovrebbe essere davvero una compagine ganza, con un programma tanto ambizioso quanto rispettabile, che consenta di esorcizzare l’aumento dell’Iva senza spennare in un altro modo gli inermi contribuenti, nel senso di quelli di pagano le tasse e magari farle cacciare anche agli altri. Una squadra che sappia indicare all’Europa una nuova via che non passi per la disgregazione di quanto, è c’è, fatto finora di buono dalle istituzioni continentali, che sappia contrastare la recessione e aiutare il paese a tornare sui binari dello sviluppo, che garantisca più equità sociale, si preoccupi dello stato allarmante di ambiente e clima. Insomma di cose da discutere ve ne sarebbero state. E invece su cosa si è subito incagliata la trattativa? Sui nomi, quindi sulle poltrone. La prima quella del premier: Di Maio rivorrebbe Giuseppe Conte, la cui tardiva riabilitazione nel discorso in Senato non convince il numero uno del Pd, Nicola Zingaretti. E non si capisce se entrambi stiano facendo solo pre tattica per sabotare un accordo che in qualche modo hanno subìto da Beppe Grillo e Matteo Renzi. Per tacere poi del toto ministri che impazza, con certi nomi confermati e di ritorno da far venire il latte alla ginocchia. Ex del governo Gentiloni, quello a cui questo accordo venturo con i 5 Stelle sembra dare lo stesso piacere di un riccio nel costume da bagno. Avranno pure fatto bene, qualcuno, ma gli elettori li hanno bocciati: tutti. E poi, per garantire quella discontinuità giustamente invocata dal fratello del commissario Montalbano, come si fa a immaginare una conferma di ministri o la promozione di parlamentari che hanno approvato e messo in atto il contratto sottoscritto con la Lega di Salvini e che dovrebbero, stando alle richieste del Pd, rimangiarselo in buona parte?
Allora, se davvero si vuole il bene del paese, si scelgano ministri della stessa area politica ma “vergini” e soprattutto competenti. Per carità nessuno pensa ai soliti tecnici con i loro modelli accademici che non tengono in considerazione le persone, ma vi sarà bene nel mondo delle scienze, dell’economia, del lavoro qualcuno in grado di lavorare bene e parlare poco soprattutto nei talk show. Invece un governo come quello in gestazione, ammesso e non concesso che poi si arrivi davvero al parto, rischia di essere un’armata di parolai inconcludenti non diversa da quella che si accinge a togliere il disturbo e che non sarà certo rimpianta degli italiani. Avrà buon gioco nel caso, Salvini, privato anche dell’incombenza delle comparsate al ministero dell’Interno, per cantarle tutto il giorno via social e piazza sul poltronismo, l’inefficienza e le gabbane rivoltate. Fino a quando si tornerà alle urne e la Lega farà il pieno di voti. Ci stanno pensando a questo nelle stanze dove va in scena la spartizione di ministeri e sottosegretari? Se no significa che davvero tengono solo alle poltrone. E allora tanto vale toglierle subito e dare la parola agli italiani. E se preferiscono i politici che brandiscono sulle magliette scritte che neppure è il caso di riprodurre qui (vedi il caso oltre il sessismo più becero del vice sindaco di un comune della provincia di Verona) tanto peggio per loro. Perché in politica dal letame nasce solo altro concime, se vogliamo chiamarlo così.
@angelini_f
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