A furia di stare insieme si finisce per assomigliarsi», dice Robert De Niro a James Wood in una scena goliardica ma poco edificante, perché riferita a bassifondi non certo urbani, di quel capolavoro che è C’era una volta in America (per i pochi che se lo fossero perso vaga su Sky Cinema in questo periodo).
È un po’ quello che sta accadendo a Pd e Pdl. A furia di stare al governo insieme stanno diventando simili. Altrimenti perché uno come Stefano Fassina, vice ministro piddino (si dirà così?) dell’Economia se ne sarebbe uscito con quella trovata degli evasori per necessità? Ma poi proprio Fassina, l’economista considerato tanto sinistro da costituire una delle ragioni del mancato matrimonio tra Bersani e Monti che avrebbe mandato in Cav in riserva (di energia politica).
Pensare che uno poteva anche non essere d’accordo con lui, ma questo Fassina pareva anche persona preparata e e scafata . Certo, una volta inglobato in quella melliflua palude agrodolce che è il governo Letta, aveva già manifestato qualche strana affinità con Brunetta. Però.
Vero che forse il viceministro ha detto quello che molti pensano come Fantozzi durante il cineforum sulla Corazzata Potemkin. Stavolta però i 92 minuti di applausi sono arrivati dal centrodestra.
Una volta appreso lo sdoganamento dell’evasione quelli del Pdl sono corsi a comprare lo champagne. Magari senza scontrino perché il brindisi, in questo caso, è un’autentica necessità. Così come potrebbe apparire necessario a quei professionisti in Porsche con i 730 da diecimila euro, eludere ancora la chiamata del fisco, magari in favore di una vacanza extra antistress alle Maldive. Tanto c’è il governo che ti giustifica. Certo, in un Paese normale che non un è Paese in cui si tirano le banane ai ministri perché hanno la pelle di un altro colore, un rappresentante del governo che giustifica quella che, sia pure in uno stato di necessità, è una violazione della legge , dovrebbe prendere su le sue cose e andare a casa. Ma noi siamo di manica larga con i ministri. Ci teniamo anche quelli che non si accorgono dei kazaki nei loro uffici con i piedi sulla scrivania a dare ordini alla polizia italiana. E poi i precedenti di esponenti del governo e quindi dello Stato, di quello Stato per il cui mantenimento si pagano le tasse, che invitano a eluderle, non mancano.
Ma sino a Fassina si trattava solo di esponenti di centrodestra, in primis l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi che una volta sostenne che era giusto non pagare le tasse quando sono troppo alte (magari facendo finta di scordarsi che era lui a metterle dopo tante promesse vane di riduzioni). La faceva, ovviamente, per lisciare il pelo al suo elettorato che magari non è proprio quello del Pd formato soprattutto da chi non può scegliere di evadere neppure per necessità perché le tasse le paga prima di vedere la busta paga. Certo si tratta di dipendenti, cioè persone che hanno un lavoro e su cui la morsa delle pressione fiscale è arrivata, come dicono le recenti statistiche, al 54% del reddito. Ci manca solo che il Pd, discendente di un partito che era anche “dei lavoratori” finisse per prenderla con questi ultimi. Ma in questa politica da maionese impazzita ci può stare tutto.
Del resto, la questione del rapporto tra sinistra e ceto medio (il più tassato di tutti in rapporto al reddito) è antica e irrisolta.Il grande Giovanni Guareschi, in uno dei suoi racconti più lucidi e crudi, descrive Peppone che scopre un crumiro al lavoro durante uno sciopero. Quando il sindaco rosso sta per alzare le mani su si lui scopre che si tratta di insegnante. Stupito gli chiede perché si trovi lì. «Ho due figli da mantenere», è la risposta. Di fronte alla quale Peppone non ha una soluzione. Non lo è neppure quella di Fassina dell’evasione per necessità..
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