Pendolari stanchi
finalmente creduti

Il film “Independence day”, del 1996, si distingueva per un alto grado di ridicolaggine ma anche per un’idea, una sola, perfettamente geniale.

Nel raccontare l’invasione aliena della Terra, la pellicola metteva in scena le vicende parallele di diversi personaggi. Tra queste, quella di un disinfestatore di campi, reduce dal Vietnam e doverosamente alcolizzato. A costui non mancavano le ragioni per attaccarsi alla bottiglia: per anni e anni i suoi compaesani non avevano mai mancato di deriderlo a causa di una vecchia storia bislacca che, alla terza bottiglia di bourbon, era solito raccontare a chiunque gli capitasse a tiro: «Ti ho mai detto di quando mi hanno rapito i marziani?» Il riscatto per il povero disinfestatore arriva inatteso: nel momento in cui i minacciosi alieni si rivelano a tutti, la verità trionfa. Altro che vaneggiamenti da alcolizzato! I marziani lo avevano rapito per davvero!

Non ci crederete, ma nella stessa condizione si trovano le migliaia e migliaia di passeggeri che, per lavoro o per studio, ogni giorno vengono “rapiti” dal sistema ferroviario lombardo. Ai loro racconti, che accorpati formerebbero un’epica desolata, si presta un orecchio paziente, si aggiunge perfino con un abbozzo di partecipazione, ma raramente ci si crede fino in fondo. Esagerazioni, si pensa, leggende di oscuri pendolari. Invece, l’impressionante, incredibile, regolarità dell’irregolarità è ciò meglio che definisce le operazioni ferroviarie nella terra che – ironia! – qualche volta si definisce ancora “locomotiva d’Italia”. I ritardi implacabili, l’eterna calca nelle ore di punta, le precarie condizioni igieniche, gli scioperi a tradimento, l’assistenza inaffidabile, la sicurezza mai del tutto garantita; hai voglia a spiegare agli “altri”, ai “non ferroviari”, quanta rassegnazione, stoicismo, pazienza e coraggio deve impiegare ogni giorno chi si muove in treno. Alle lamentele del viaggiatore su binari l’automobilista replica sempre con i “dolori dell’uomo al volante”: cantieri, incolonnamenti, scarsità di parcheggi, multe, nebbia, ghiaccio, neve, autovelox e, naturalmente, gli altri automobilisti, nessuno di quali è in grado di guidare in maniera decente. Seduto nel suo abitacolo, incolonnato quanto si vuole, in doppia fila quanto si crede, l’automobilista neppure si sforza di immaginare il quotidiano inferno ferroviario di tanti suoi simili.

Veniamo a sapere oggi che, in occasione di Expo, anche le ferrovie lombarde sembrano intenzionate a darsi una mossa. Corse prolungate fino a Rho Fiera Milano, più convogli serali: un passo nella direzione di servire il viaggiatore, porsi come alternativa credibile – oltre che economica ed efficiente – all’automobile, partecipare in forza al sistema di mobilità regionale e non solo rappresentarne una componente necessaria ma tristemente arteriosclerotica.

Sentiamo spesso parlare di nuove autostrade e capita anche che ogni tanto se ne inauguri qualcuna. Non altrettanto si può dire delle ferrovie locali, un settore nel quale gli investimenti sembrano riservati alla sola città di Milano. La metropoli ha le sue esigenze, che non si discutono, ma tutta la Lombardia muove, lavora e, per fortuna, ancora produce. Una larga porzione di quanti contribuiscono al motore lombardo viene scaricata al lavoro e riportata a casa in condizioni che, nell’Europa del 2015, non sono accettabili. Speriamo che Expo coincida con un segnale concreto di cambiamento, ovvero che qualcuno finalmente creda alle storie horror del pendolare stanco. Altrimenti, abbiate almeno la decenza di allungargli una bottiglia di bourbon.

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