Per il Pdl, la posta
in gioco è il futuro

Il caso Berlusconi sta logorando lentamente il governo. I mercati lo hanno già capito (vedi il mezzo naufragio di piazza Affari) e da san Pietroburgo, dove si è aperto il G20, Enrico Letta è dovuto intervenire per spargere ottimismo sul futuro delle larghe intese.

La sua tesi è che i quattro mesi di lavoro della maggioranza hanno dimostrato come si possa lavorare insieme e puntare a chiudere l’anno con il segno più dell’ economia insieme agli altri Paesi del G7. Compromettere questo cammino a causa del braccio di ferro sulla decadenza del Cavaliere , sarebbe una follia e non verrebbe compreso dagli italiani che stanno aspettando la ripresa. Il premier ha lasciato intendere di non mettere in discussione il ruolo di leader della destra di Berlusconi qualunque ne sia il destino processuale: come aveva fatto in precedenza anche Giorgio Napolitano nella famosa nota del 13 agosto. Ma molto più in là di questo limite - è il sottinteso - non ci si può spingere. I motivi sono evidenti: riconoscere al Cavaliere un trattamento diverso da altri per il Pd equivarrebbe ad un suicidio politico.

Secondo i democratici, inoltre, non esistono profili di incostituzionalità della legge Severino che comporta la decadenza del leader Pdl dalla carica di senatore a causa della condanna definitiva per evasione fiscale. Si capisce dunque che il massimo traguardo ipotizzabile per i berlusconiani, all’interno del negoziato con i democratici, è guadagnare tempo: wait and see. Con il rischio di vedere ben presto il loro capo interdetto dai pubblici uffici dalla corte d’appello di Milano per un periodo di circa tre anni . Si tratta di un obiettivo assolutamente insufficiente per i falchi, pronti a rovesciare il tavolo del governo per tornare alle urne.

Ma davvero uno scenario di questo tipo premierebbe il Pdl? La risposta è perlomeno dubbia. In realtà nessuno sa quale prezzo dovrebbe pagare l’Italia ad una nuova fase di massima instabilità politica: le stesse aziende del Cavaliere subirebbero contraccolpi sui mercati finanziari. Ecco perché l’equazione decadenza di Berlusconi = crisi di governo preoccupa ma non spaventa fino in fondo. Certo, gli uomini del Cavaliere non possono accettare che gli alleati-coltelli, cioè i democratici, celebrino il proprio congresso sulle spoglie berlusconiane ma allo stesso tempo si rendono conto che è giunto il momento di trovare una soluzione all’identità del Pdl: un’intera classe politica, sebbene leale, non può certificare la propria irrilevanza in assenza del leader e teorizzarla davanti al proprio elettorato.

Comunque la si voglia vedere, Berlusconi è ormai un’anatra zoppa e deve trovare una risposta al problema chiave della successione. Naturalmente il rischio che alla fine la tela si laceri esiste sempre. Come dice il ministro Lupi il 9 settembre sarà la giornata cruciale; una delle fedelissime, Maria Stella Gelmini, pensa che le speranze di un compromesso con il Pd siano poche. Ma bisogna tenere conto che resta sempre la via della grazia (caldeggiata dall’avvocato Coppi), magari a richiesta della famiglia del Cavaliere, e che comunque una schiera di giuristi anche non di centrodestra pensa che occorra chiedere alla Consulta un parere sulla legge Severino, anche in proiezione futura.

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