Per il resto c’è la carta,
tranne che a Como

Se prestate sufficiente attenzione alle strade di Como e della sua provincia, noterete con una certa facilità che esse ospitano il transito di numerosi veicoli.

Non quelle dove è imposto un pedaggio, ovviamente, perché i comaschi a passare per fessi non ci tengono: su tutte altre, però, osserverete la presenza di molti mezzi di locomozione. Automobili, camion, autobus, moto, biciclette a stormi. Potrà forse sorprendervi l’assenza, tra questi veicoli pur molto diversi tra loro, delle carrozze trainate da cavalli. Non un “brum”, non un “phaeton”, non un “gig” e, neppure a pregare in cinese, un accidente di “break wagonette”. La ragione per questa ostinata mancanza potrà suonare bizzarra ma è piuttosto semplice: non siamo più nel Diciannovesimo secolo e, fatti due conti, neppure nel Ventesimo.

Naturalmente, si tratta di uno scherzo. O meglio, di un paradosso in forma di scherzo. Nessuno ha bisogno di notare che non circolano più carrozze perché è ovvio che sia così: i tempi sono cambiati, la tecnologia si è evoluta, le abitudini si sono trasformate. Trattasi, questa, di una faccenda che con qualche approssimazione possiamo chiamare “progresso”. Su di esso agiscono diverse forme plasmanti: le scoperte scientifiche, l’evoluzione sociale e politica, gli interessi economici. Si può criticarlo, perfino contestarlo ed è doveroso porgli limiti etici. Negarlo del tutto, o ignorarlo per pigrizia e fastidio, nonché per calcolo di basso cabotaggio, è però sbagliato e anche un tantino ridicolo.

Ecco perché chi, oggi a Como, si rifiuta di fornire ai clienti, ai visitatori di un esercizio commerciale prossimo all’area turistica, la possibilità di pagare con bancomat o carta di credito, fa la figura un po’ assurda di chi si ostina a circolare in carrozza per la ragione che la benzina costa e bisogna andare a prelevarla dal distributore.

Ne parliamo in cronaca. Un bar situato in un punto strategico per il turismo come Villa Olmo non accetta denaro di plastica. E non è l’unico caso, né in città né in altre località turistiche del Lario. I gestori lamentano il peso delle commissioni, sostengono che in alcuni casi arriverebbero a superare il costo del prodotto fornito al cliente. La loro risposta a questo stato di cose è dunque quella di rifugiarsi nel Diciannovesimo secolo.

Peccato che ciò rappresenti un’ostinazione forse romantica ma di sicuro controproducente: quella che spinge ad andare da una parte mentre tutto il mondo si sposta dall’altra. Ci sono, dietro i sistemi delle carte di credito, in tutte le loro articolazioni, forti interessi bancari? Si capisce. Guadagni corporativi? Ovvio. Margini arbitrari? Molto probabilmente sì. È certo possibile contestare tutto ciò, trovarvi buchi logici e di diritto, perfino forzature nei confronti del consumatore. Non si può negare tuttavia che il rettangolino di plastica - oggi più o meno tutti ne portiamo uno nel portafoglio - offra anche comodità e vantaggi: con tutta la scaltrezza delle banche, del marketing e dei “poteri occulti”, la diffusione raggiunta dal denaro di plastica non potrebbe essere tanto capillare se gli utenti, i cittadini come noi, non avvertissero un beneficio oggettivo nel suo uso, una convenienza e un’opportunità. È appunto a questo “servizio” che gli esercenti comaschi dovrebbero rinunciare a opporsi. Altrimenti, risparmieranno sì, oggi, una commissione ma, domani, si troveranno un passo indietro e dopodomani un altro ancora. Fino a quando, indifferente alle loro idiosincrasie, ai dubbi, all’utile sulla tazzina e al margine sulla brioche, il progresso andrà avanti e sparirà dietro la curva. Lasciandoli al margine della strada ad aspettare che, prima o poi, passi un “brum” e li raccolga.

[email protected]
@MarioSchiani

© RIPRODUZIONE RISERVATA