La domanda è: dove sta il trucco? Perchè un’azienda privata crede (si spera a ragion veduta) di poter trarre un utile laddove l’ente pubblico (o para-pubblico) ha finora registrato sempre e soltanto sanguinose perdite?
Il caso della Sport Management spa, l’azienda veronese che si è offerta di gestire le piscine comunali di Cantù, è a dir poco curioso. Numeri alla mano, verrebbe da pensare che gli imprenditori veneti si stiano per imbarcare in un’impresa temeraria, se non addirittura impossibile. L’ultimo bilancio d’esercizio della Canturina Servizi, nella voce dedicata alle vasche
di via Papa Giovanni XXIII, annota infatti una cifra da profondo rosso: la perdita è stata di 325 mila euro. Un’annata sfortunata? Non proprio. Perchè se si vanno a guardare i conti delle stagioni precedenti, l’unica costante che si rileva è il segno negativo.
Allora si torna alla domanda iniziale. Dove sta il trucco? Qual è l’errore fin qui commesso dal Comune (o dalla sua longa manus, che è lo stesso) che invece il privato non intende commettere?
È vero: l’impianto è vecchio, inefficiente. È un immenso generatore di sprechi che fa acqua da tutte le parti. E non è una metafora. Ma l’ammodernamento richiederebbe un investimento che né il Comune, né probabilmente i privati potrebbero permettersi. A meno che questi ultimi non vengano allettati da una vigorosa contropartita. E qui entra in gioco il project financing, una soluzione che però alle amministrazioni canturine non ha mai portato granché fortuna.
Il fatto è che, nella visione globale del municipio, le piscine state sempre state annoverate tra i servizi essenziale della comunità. Al pari del trasporto pubblico: né più, né meno.Il nuoto nelle sue varie declinazioni è visto come un bene che è e deve rimanere alla portata di tutti. Senza discriminazioni di natura economica.
La conseguenza è che chi utilizza le vasche, paga un prezzo che copre solo in (piccola) parte il costo reale della prestazione di cui usufruisce.
Ma alla fine non c’è scampo: i conti devono tornare. E quello che non entra dai ticket di ingresso e dalle iscrizioni ai corsi, deve per forza entrare da qualche altra parte. Di qui la decisione(sciagurata secondo molti, dolorosa ma necessaria secondo chi l’ha presa, vale a dire il sindaco Claudio Bizzozero) di tappezzare la città di posteggi blu, e di utilizzare gli introiti dei parchimetri per alleggerire l’unica vera palla al piede dell’ex municipalizzata. Questo significa che anche l’anziano che paga l’euro e mezzo al posteggio di via Domea per potersi sottoporre a un esame in ospedale, dà il proprio personale contributo a ogni bracciata che si mulina a tre chilometri e mezzo di distanza.
Ma è una scelta. E la politica, anche in un’amministrazione comunale, è costellata di scelte.
Va da sé che il nuovo gestore avrà due strade maestre da percorrere, per riportare a galla il gigante inabissato. Razionalizzare i costi. E alzare le tariffe. Ma mentre il primo obiettivo, fatta salva la qualità del servizio e i diritti di chi in piscina ci lavora o ci andrà a lavorare, non presenta particolari controindicazioni, il secondo potrebbe dare la stura a una serie di rischi. Il nuoto, ad esempio, potrebbe diventare uno sport da ricchi. O forse no. Perchè comunque il privato potrebbe anche accettare una modesta perdita in piscina, per poi rifarsi con gli interessi con ciò che il Comune dovrà mettere sul piatto per rendere appetitosa la gestione. E ancora una volta, anche in quest’ultimo caso, il pericolo è che a pagare per la piscina siano tutti i canturini. Anche quelli che non sanno nuotare.
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