Sono più di venti e se ne aspettano ancora. Sono i soldati dell’esercito dei 100 e dei 100 e lode. Ragazzi che hanno appena concluso l’esame della maturità, ai licei e agli istituti tecnici, studenti che hanno dimostrato di saper fare molto bene. Bravi.
Bravi per loro stessi,prima di tutto, per le mamme e i papà che gongolano, per i prof che vedono coronato, e a ragione, anche il loro sforzo. Bravi ragazzi, che con i 100 cancellano le smorfie di chi vuole i più giovani sempre annoiati, senza stimoli e senza voglia di studiare. Tra loro ci sono tante belle teste che saranno le belle teste del futuro, del mondo del lavoro e dell'università. Il massimo dei voti è arrivato grazie a tanti fattori, ma anche per il carattere concreto e smart delle tesine. Molti di coloro che hanno preso 100 e 100 e lode hanno infatti scritto tesine d’esame in tre lingue, tre, inventato app per il telefonino. E sono solo pochi degli esempi portati dei ragazzi.
Tutto cambia, per fortuna, e i 100 di quest’anno (l’anno scorso erano già tanti, ma non così tanti) rappresentano, a sentire il dirigente del liceo Giovio Marco Caggiano dove i bravissimi sono stati già tanti, proprio il cambiamento, il frutto di un lavoro di squadra fatto tra prof, studenti e famiglie. Si sta andando probabilmente nella direzione giusta che vuole le commissioni d’esame, e prima ancora i docenti e gli studenti nel corso di tutti gli anni delle superiori, capaci di coltivare e valutare il talento.
Competenze, le chiama Caggiano, che aggiunge che è arrivato il momento di insistere sulla valutazione delle performance, non solo sul nozionismo e sulla capacità dello studente di ripetere bene la lezione. L’università e il mondo del lavoro chiedono altro, la crisi probabilmente ha le sue colpe, ma è più bello credere che si tratti di momento evolutivo, non solo di inversione a “u” fatta perché l’acqua è arrivata alla gola.
La scuola e la società si trasforma, in meglio e in peggio, sicuramente in entrambi i modi, ma se è vero quello che dice il dirigente del liceo Giovio un’insegnamento nuovo «che vada verso le competenze richieste dalle università e dal mondo del lavoro» paga. Secondo Caggiano (si escluda la manica larga dei docenti perché i bocciati ci sono) «Lo studente deve essere coprotagonista». Finalmente. Di certo tanti insegnanti lo sanno, e da anni sputano sangue per farlo capire a quell’altro mondo della scuola che fa più fatica a staccarsi dal “vecchio” modo di insegnare. Per una volta, quindi, vale la pena di dire che qualcosa di buono a scuola c’è ed è sicuramente più di qualcosa, se i ragazzi che si diplomano poi spiccano il volo e fanno bella figura anche all’estero. Diceva ieri a Radio24 l’amministratrice generale aggiunta del Louvre di Parigi (la giovane bergamasca, Claudia Ferrazzi, 35 anni), che all’estero l’istruzione italiana è considerata buona, ma non sufficiente per far fare il salto di qualità, incapace di dare mandato pieno al talento. In Italia la Ferrazzi non avrebbe mai potuto a 35 anni amministrare un museo come il Louvre. I 100 che a Como hanno premiato il talento danno coraggio. Forza, si cambi.
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