La battuta è facile ma non stonata: Como fa acqua da tutte le parti, però non è possibile fare il bagno. A meno che non si appartenga al team degli sconsiderati che in questi weekend di estate precoce si sono cimentati in un tuffo nel primo bacino, un gioco proibito per l’inquinamento e pure per il decoro se avviene nella zona del Tempio Voltiano affollata di persone. Per fortuna (?) da oggi e per alcuni giorni si può suonare la hit che diede fama al duo dei “Righera” negli anni ’80: “L’estate sta finendo”.
Ma è davvero il caso di ringraziare il cielo per una domenica che si annuncia a catinelle, salvo smentite che di questi tempi le previsioni sono ondivaghe come i 5Stelle in cerca di governo? Sì perché a Como quando caldo e afa diventano opprimenti, l’idea di fare un bagno in regola e senza turbare il senso estetico dei propri prossimi appare un miraggio forse causato proprio dalla canicola.
Avete notato che non sono ancora comparse le due fatidiche paroline “città” e “turistica” da cui un pezzo del genere non può prescidere? Forse è perché questa litania ha un po’ stancato. Un bel tuffo rinfrescante e corroborante potrebbero desiderarlo anche gli indigeni di Como. Bagno al singolare e anche al plurale. Qui almeno però qualche cosa è successa e non solo a beneficio delle esigenze primordiali di gitanti e visitatori. Nell’altro caso le cose ancora non funzionano. Ecco un sillogismo: il nostro, dicono ormai in un coro di dimensioni non lontane da quello dell’Aida, è il lago più bello del mondo. Di conseguenza un lido con piscina, perciò balneabile, adagiato sulle sponde lariane a dirimpetto di una villa splendida di fine ‘700 che ospitò tra gli altri Ugo Foscolo, Napoleone Bonaparte e Giuseppe Garibaldi, con un parco rimesso a nuovo “da urlo”, non potrebbe essere definito perlomeno tra i più affascinanti del globo terraqueo? Sì eh. E a Como cosa facciamo? Lo teniamo chiuso sine die. Chapeau.
La storia recente delle peripezie del lido di Villa Olmo la conosciamo tutti. Un accrocchio giudiziario e di burocrazia che rende impraticabili i prati, le piscine e, oltretutto, l’accesso all’unico punto della parte terminale del lago sul versante comasco in cui le norme consentono di pucciare i piedi e non solo quelli. Inutile entrare nel merito, comprendere ragioni e torti, iindugiare nella dietrologia. Le chiacchiere stanno a zero. Come i tuffi. Il problema è che per un’estate finta che ci lascia oggi, c’è quella vera che già si sta scaldando in panchina pronta a giocare la sua annuale partita. E non si sa se anche il lido di Villa Olmo potrà essere della compagnia una volta che il foglietto del 20 giugno si staccherà dal calendario.
Certo, non è questa la priorità da cui dipendono i gioiosi destini della Como che verrà. Però se ci si pensa bene è un po’ come voler prendere il volo e dimenticarsi di levare i fermi dell’aereo.
La vicenda del lido, si sa, si innesta in quella di un’amministrazione comunale in grande difficoltà sul fronte della “macchina”, quella che attivata dal propulsore della politica fa consente a dirigenti e funzionari di palazzo Cernezzi di funzionare Como. E la persona che ora ha sulla scrivania il dossier lido non sta certo vivendo uno dei momenti più sereni della sua carriera. Ma questo il signore, la ragazza e il bambino con il telo spugna e l’infradito nella sacca non possono saperlo. Giusto perciò pretendere di conoscere se si sta facendo qualcosa per dipanare la matassa che imprigiona il lido di Villa Olmo e con quale tempistica si può prevederne la riapertura che, inutile sottolinearlo deve avvenire il prima possibile. Perché la bella stagione non può fermarsi ad aspettare la burocrazia. E davvero non ci vorremmo trovare a ricantare la hit dei Righeira con le piscine di villa Olmo ancora avvolte nei barlumi del miraggio.
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