E’ francamente un po’ imbarazzante proprio in questi giorni ricordare le sacre prerogative del Parlamento nei confronti del Governo quando capita di vedere un’aula di Montecitorio deserta come quella di ieri mentre cominciava l’esame finale dell’”Italicum”, o quella di qualche giorno fa in cui una ventina di parlamentari assistevano alla informativa “urgente” del ministro degli Esteri Gentiloni sull’uccisione del povero cooperante Giovanni Lo Porto.
Le vecchie volpi di Montecitorio risponderanno a questa obiezione che ieri era lunedì e che qualunque cosa accada
all’inizio della settimana, i deputati restano a casa loro. Eppure molti dei loro leader di corrente difendono in queste ore con le unghie e con i denti i diritti di un Parlamento che si vorrebbe esautorato da un governo “autoritario” pronto a fare la violenza della fiducia in materia elettorale. Un Parlamento di nominati, ricordiamolo, grazie ad una legge unanimemente considerata infame persino dal suo estensore, tanto da soprannominarla “Porcellum”.
Ebbene, di fronte a questo Parlamento, Matteo Renzi ha deciso di giocarsi sull’”Italicum” tutta la posta, ossia il governo ed eventualmente, nelle sue intenzioni, la legislatura. Senza farsi fermare dai dubbi, dalle polemiche, anche dalle legittime preoccupazioni della minoranza del suo stesso partito, ha ricordato nell’ordine: primo, che l’Italicum è quasi il gemello del testo che emerse dalla commissione di saggi insediata da Napolitano all’alba del governo di Enrico Letta ; secondo, che quello stesso testo è stato modificato ben tre volte e molto per venire incontro proprio alle richieste delle minoranze; terzo, che il contestato premio alla lista, che oggi viene individuato come la radice di un potenziale autoritario del futuro assetto di governo, era auspicato dai firmatari del referendum del 2009 tra i quali, udite udite, si trovano Gianni Cuperlo e Renato Brunetta.
Proprio il premio alla coalizione previsto invece dal Porcellum veniva colto come un fattore di ricatti e di impacci e per questo i referendari di allora ne chiedevano l’abolizione (ma il referendum non raggiunse il quorum); quarto, che lo stesso testo che la Camera dovrà votare ora definitivamente è quello che Forza Italia al Senato ha votato senza fare una piega mentre ora, sempre con Brunetta, ne lamenta la tara dispotica. Se andava bene al Senato, perché l’Italicum è diventato improvvisamente la sentina di tutti i vizi politici della Repubblica?
E’ evidente che in questa battaglia non ci si ferma a chiedersi: è o non una buona legge? Ma piuttosto ci si interroga così: quale vantaggio o quale danno mi verrà se la approviamo o la bocciamo? La sinistra democratica combatte la sua ultima battaglia sul Don perché sanno che se Renzi vince anche questa, per loro il futuro sarà assai magro. Per Forza Italia, prima delle elezioni, si combatte un testo che si è scritto a quattro mani perché è possibile che questo porti qualche voto in più alle prossime regionali . Naturalmente anche la strumentalità messa in campo da Matteo Renzi è altrettanto forte: se sfonda sull’Italicum col suo “prendere o lasciare” la strada èd definitivamente aperta. Una cosa è sicura: dopo questo voto sapremo quanto sarà lunga la vita della legislatura, e forse anche il destino politico di Matteo Renzi.
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