Ne parla tutta la Lombardia, perché la musica è la stessa un po' dappertutto, a parte forse a Sondrio dove dicono che le cose vadano un po' meglio. Il cuore del cancro è Milano, ma ormai da Porta Ticinese a Porta Torre il passo è breve, in quest'unica mastodontica metropoli tutta hinterland e villette a schiera, che negli anni ha divorato i campi della Brianza, ex baluardi di quel confine tra noi e loro che non esiste più.
L'aria è putrefatta, ammalata, così cronicamente ammalata da avere smesso perfino di rappresentare una notizia. Fino a qualche anno fa, quando saliva la concentrazione delle polveri sottili, le amministrazioni si ingegnavano per tentare di arginarne le conseguenze. A Como, per molto tempo, si è fatto ricorso agli espedienti più alla moda. Il blocco totale della circolazione, le targhe alterne, le famose domeniche a piedi, quando tutte le associazioni del globo terraqueo si attivavano con acconcio banchetto per occupare spazi inaspettati di città, chi per vendere salamelle, chi per piazzare palloncini colorati e raccogliere fondi. E poi biciclette, tricicli, scarpe da jogging, motorette elettriche, tandem, monopattini a reazione.
La verità era un'altra, come abbiamo imparato in fretta. E cioè che le auto, in tutto questo smog, c'entravano molto meno di quanto si era ritenuto per anni e che, di conseguenza, lasciarle in garage la domenica o costringerle a uscirne nei giorni pari e dispari, avrebbe aiutato poco. Quella constatazione coincise, sciaguratamente, con una resa incondizionata, psicologica ancor prima che fattuale, una resa sulla quale Como non ha mai voluto riaprire neppure uno spiraglio di riflessione. Lo spettacolo, in fondo, è po' quello dell'altra sera, quando il consiglio comunale, chiamato a ratificare il salvataggio di un asilo nido di periferia, anziché timbrare e procedere oltre, concede la scena a una pletora di consiglieri ben decisi a esibirsi in interminabili monologhi, pur di convincere le mamme presenti di essere loro i fautori di un recupero già deciso in altra sede.
La politica, l'amministrazione, a Como ha rinunciato da un pezzo ad affrontare il tema, in questo coerente al resto della Lombardia. Eppure qualche decisione andrebbe intrapresa, qualche tentativo andrebbe azzardato. Il problema, come raccontano all'Arpa (l'Agenzia regionale per l'ambiente) è soprattutto legato al riscaldamento delle case, senz'altro più difficile da spegnere del motore di un'auto. Ma siccome, come spesso in questi casi, il problema è anche culturale, forse l'abbandono totale del banchetto domenicale, del tandem radical chic e del triciclo a trazione idrica rappresenta una scelta sbagliata. Fermare il traffico, ragionare di ecologia, significa soprattutto ricordarsi dell'ambiente che ci circonda, che è già di per se un modo per difenderlo.
Stefano Ferrari
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