Referendum,una lezione
che resterà inutile

Mentre tutti sono presi nel solito sport praticato dopo ogni elezione, in cui si tenta di mistificare a proprio vantaggio il risultato - «Ha vinto Renzi? Ma neanche per sogno, quelli che sono andati alle urne sono gli unici che votano e hanno girato tutti il pollice nei confronti dell’ex premier». «L’hanno spuntata quelli della minoranza Pd? Ma in quale film, con il quorum lontano anni luce di voti?», e così via - dalle urne di domenica esce, ma lo si sapeva già, un solo sconfitto: l’istituto della democrazia diretta, sempre preso a schiaffoni dalle nostre parti.

Pensare che, proprio a due passi da queste lande, gli svizzeri ci fanno vedere ogni due per tre cosa vuol dire organizzare di referendum come si deve, dove l’oggetto per cui si disturbano i cittadini è quello dichiarato sulla scheda, senza più o meno remoti secondi o terzi o quarti fini politici.

Da noi mai, almeno dai tempi del voto sul divorzio che poi anche lì con Fanfani in campo scatenato, qualche distorsione ci fu. Ma da quello in avanti qualunque referendum indetto ha perseguito un obiettivo che con il quesito c’entrava poco. Da quello sul nucleare, a quello sulle tv dove c’era di mezzo il Berlusca figurati, perfino il referendum di tutti i referendum che con la scusa del maggioritario servì a dare l’ultima palata di terra per seppellire la Prima Repubblica e fece arrosto il cinghialone Craxi che aveva invitato tutti ad andare al mare.

Eppure si trattava solo di modificare il sistema di elezione del Senato. I tanti che si recarono ai seggi più che dissertare di sistemi elettorali, materia appassionante come la Corazzata Potemkin per Fantozzi, schiumavano di giustificata rabbia contro una partitocrazia corrotta e impudente.

Più o meno come coloro, che domenica hanno impugnato la scheda in veste di espertoni di trivellamenti e tecniche di estrazione marina degli idrocarburi e non per dare una lezione a quel bulletto toscano che non se ne può più. Oppure, non si sa con quanta consapevolezza, a contribuire a pagare con i soldi pubblici la compagna elettorale di presunti e velleitari avversari del premier, che tanto quelli veri spunteranno al momento buono.

Insomma, ancora una volta la democrazia diretta si è rivoltata nella tomba in cui è stata riposta dagli elettori italiani che non sempre si dimostrano migliori degli eletti, i quali peraltro non fanno molto per aiutarli ad elevarsi, come si è visto anche nei dibattiti pre referendum.

E tra pochi mesi, a ottobre, rischiamo di ritrovarci da capo. Con la differenza che nel referendum già in calendario non ci sarà quorum e, soprattutto, l’oggetto sarà la modifica della Costituzione, una faccenda piuttosto seria. Anche se Renzi ci ha già messo del suo, avvittandosi a questo voto, ma non poteva fare altro visto che la paternità della riforma è tutta sua, sarebbe meglio evitare di non trasformare il nuovo appuntamento con la scheda del sì e del no in un’ordalia sul presidente del Consiglio.

Anche se già possiamo scommettere che non succederà. Perché noi italiani dai tempi di Romolo o Remo, per passare dai Guelfi o Ghibillini, Coppi o Bartali, Inter o Milan, risotto o pastasciutta siamo fatti così. L’ennesima lezione del referendum resterà inutile. E #ciaone a tutti.

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