Regione non basta
Lo stipendio dorato?

Anche oggi, a pagina 11, parliamo delle spese dei nostri consiglieri regionali al centro di una immane indagine contabile e investigativa della Procura di Milano, sulla falsa riga di quella che, in Regione Lazio, culminò un paio d’anni fa nell’arresto e nella condanna di Franco Fiorito, capofila di una generazione di consiglieri crapuloni, a spese - beninteso - dell’erario.

Com’è noto - in questi giorni se n’è scritto moltissimo - i consiglieri lombardi per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio sono 64, ivi compresi cinque eletti dai comaschi. Le posizioni di ciascuno di loro sono molto diverse, benché tutti - senza eccezioni - si ritrovino a bollire nel solito calderone che non fa sconti.

Qualche precisazione, tuttavia, va fatta per forza. È il caso, ad esempio, di Luca Gaffuri, tuttora consigliere regionale Pd al Pirellone. I pm milanesi gli contestano di avere speso, in quattro anni di attività (dal 2008 al 2012), la somma di 10.300 euro.

Non soltanto per sé ma anche per i suoi colleghi di partito, visto che da capogruppo firmava per ciascuno di loro.

Sono più o meno 2500 euro all’anno - quasi tutti pranzi al ristorante -, e sono davvero poca roba, soprattutto se si facesse un confronto con il leghista lecchese Stefano Galli che, nello stesso periodo di tempo (se è vero quel che sostiene la Procura), di euro ne ha spesi 550mila, pagandoci il matrimonio della figlia e trovando anche un posto di lavoro al genero.

Al netto delle macroscopiche storture e di una raffica di abusi da far venire il mal di pancia, ma anche al netto di posizioni di secondo piano in cui la logica del cosiddetto “rimborso spese di rappresentanza” appare applicata in modo senz’altro più corretto (Gaffuri appunto) qualche domanda rimane comunque, soprattutto in tempi di tagli da parte del governo e di proteste da parte di quei presidenti di Regione che sostengono di avere fatto quadrare i conti e di non meritarsi un ridimensionamento - per citare un esempio tra i tanti - della spesa sanitaria.

È possibile che i consiglieri regionali, oltre a scialacquare allegramente i nostri soldi, guadagnino per un impegno di tre, massimo quattro giorni a settimana, più o meno 12mila euro al mese? E che a questi soldi la legge preveda di poterne aggiungere altri per rimborsare loro il panino al bar di fronte alla stazione centrale o nel ristorantino sui navigli? In altre parole, che impegno compensano quei soldi, che sono tantissimi, se poi un capogruppo, per svolgere uno studio sull’impatto dell’immigrazione, deve rivolgersi a un consulente esterno e pagare pure quello?

Vero, la nostra classe politica, anche a livello regionale, non abbonda di letterati (e dal Trota alla Minetti, basta scorrere l’elenco degli indagati), ma da uno come Gaffuri – che una laurea ce l’ha eccome e che di mestiere fa il commercialista – l’elettore si aspetterebbe che quantomeno lo studio sull’immigrazione se lo facesse da solo. O se non da solo con i suoi colleghi. A meno di non ritenere che, come al solito, quei 12mila euro non bastino mai semplicemente perché, a Milano (come a Roma), entrano dalla porta ed escono dalla finestra, per finanziare partiti che non sanno come campare diversamente.

Insomma, una buona scusa (?) c’è sempre. Peccato che a noi non freghi proprio nulla. Sono soldi nostri, sprecati, regalati. E scusate il populismo vagamente grillino, ma sono tempi durissimi anche per i mansueti. Forse per colpa della Tasi.

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stf_fer

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