Nel film di Luciano De Crescenzo “Così parlò Bellavista” c’è il personaggio dell’anziano catatonico e dormiente che sussulta ogni volta che viene pronunciata la parola “milione” ,poiché la causa del suo stato sarebbe stata proprio la perdita di quella somma. Che peraltro era, vista l’epoca della pellicola, in lire. Figuratevi se i milioni sono venti e di euro (quasi quaranta miliardi dell’ex valuta nazionale), altro che saltar su, c’è da strapparsi i capelli e anche di più di fronte all’idea di averli persi. Soprattutto se si tratta di quattrini destinati a opere di pubblica utilità per il territorio comasco.
Con la fame ormai atavica di risorse da poter spendere a beneficio della collettività causata dalle dacroniane chiusure dei rubinetti che versavano liquido ma denaro nelle casse degli enti locali, 20 milioni sono un trasporto eccezionale di ossigeno. Tu chiamalo se vuoi federalismo fiscale, ma alla rovescia. Fatto sta che i soldi c’erano, eccome. Li aveva portati la società che ha realizzato l’autostrada Pedemontana e la Tangenziale di Como per pagare l’utilizzo del suolo e i disagi che ogni grande infrastruttura finisce in modo inevitabile per portarsi appresso.
Erano lì, ma da guardare e non toccare. Questa la paradossale situazione della Provincia di Como,. ente ancora più dissanguato anche perché eterno morituro. I soldi ci sono ma non ne dovete spendere neppure un centesimo, neanche per un caffè o un panino. A tenere sotto chiave o forse sotto vetro per poterli rimirare tenendo la mani a posto questa montagna di quattrini una delle norme più controverse mai emanate a memoria d’uomo: quella legge di stabilità che se può tagliare le unghie agli enti spendaccioni e spreconi finisce a volte per rientare nella logica del colpirne cento per educarne uno. Non è esattamente così ma poco ci manca. E comunque la Provincia di Como che non era certo sperperona, anche per carenza di materia prima, si è trovata con i soldi ferme e senza le necessarie opere per prevenire il dissesto idrogeologico, cioè per evitare nel migliore dei casi che qualche comasco finisca a mollo ad ogni temporale e per migliorare un po’ la qualità del nostro ambiente il che non guasta proprio. Con il passare del tempo alla beffa si è aggiunto il danno. Perché le geniali legge italiche ti dicono: hai dei soldi ma non li puoi spendere. Poi ripassano e ti comunicano che visto che non gli hai utilizzati se li portano via. E i venti milioni passano dalla Provincia alla Regione Lombardia. Vero che quest’ultima come le altre sorelle a statuto ordinario è stata costretta da Roma a fare qualche sacrficio in più. Ma mandare soldi da Villa Saporiti a palazzo Lombardia appare sempre un po’ come mettere acqua nel mare.
E adesso? Chissà. Perché se da un lato appare impossibile che il tesoretto ingrani la retromarcia si sta tentando perlomeno di far sì che a Milano si mettano una mano sul cuore oltre che al portafoglio e usino questi quattrini per i loro scopi originari. In fondo siamo lombardi anche noi. E per fortuna, l’ingiustizia è così palese oltre che grottesca da indurre i nostri rappresentanti politici a fare azione di lobbing per il territorio e dimenticarsi una volta tanto degli interessi della propria parte. Si è arrivati così all’ordine del giorno presentato dal forzista Alessandro Fermi e sottoscritto da tutti gli altri consiglieri regionali comaschi di Pd, Lega, Fratelli d’Italia e lista civica Maroni per tentare di evitare che i venti milioni spariscano nei meandri del bilancio regionale. Adesso il territorio è chiamato a tirare fuori i progetti per la propria tutela da finanziare e i politici a controllare che la loro richiesta sia esaudita. Perché quei soldi sono dei comaschi.
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