Di ieri è la notizia, annunciata dallo stesso sindaco di Como Mario Lucini, che per un teatro bello e abbandonato della città, il Politeama, si sono fatti avanti alcuni investitori. Ora apprendiamo che per l’ex San Gottardo, complesso alberghiero altrettanto glorioso e altrettanto trascurato che si affaccia su via Cairoli, si annuncia una rinascita fatta di residence lussuosi e turismo di alta fascia.
Due notizie che ci fanno ben sperare per un futuro prossimo meno all’insegna dell’abbandono e più rivolto al recupero e al rilancio. Investimenti che infondono coraggio in una città in cui, negli anni, le ripetute sveglie dall’immobilismo si sono rivelate quasi sempre dei falsi allarmi. Anche oggi, non possiamo giurare che queste due operazioni andranno a buon fine in breve tempo – basta immergersi nell’archivio di questo giornale per rendersi conto di quante volte, anche solo negli ultimi tempi, progetti di recupero urbanistico che sembravano sul punto di fiorire sono poi finiti nell’oblio – ma, come viatico per il nuovo anno, annunci più promettenti davvero non potevano esserci.
Diversi e, urbanisticamente parlando, lontani l’uno dall’altro, il San Gottardo e il Politeama sono metafore concrete, fatte di mattoni e di intonaco. Nel primo, chiuso e deserto da tanti anni, si intuisce tutta l’inespressa potenzialità comasca per il turismo; nel secondo una potenziale occasione perché, considerando anche l’offerta del teatro Sociale, Como diventi n un punto di riferimento culturale per la Lombardia e non solo. Una bella differenza dal Politeama fatiscente e ignorato di oggi, simbolo, secondo il regista Paolo Virzì, di un Nord interessato solo ai “danée” e refrattario a ogni stimolo artistico.
Siccome ciò non è vero e la città non ha mai dimenticato la sua inclinazione turistica così come i comaschi hanno più volte dimostrato di essere sensibili ad adeguati stimoli intellettuali, l’abbandono di queste due testimonianze architettoniche lo si deve a tanti fattori, tra cui una politica risentita e confusionaria e una stagione di transizione, economica e sociale, nella quale non sempre è stato facile riconoscere i segnali del nuovo. La volontà di ripartire, dunque, non dovrebbe mancare e, all’inizio dell’anno, ci piace immaginare una città che, nei prossimi dodici mesi, oltre ad avviare il recupero dell’ex San Gottardo e del Politeama, faccia ripartire il cantiere delle paratie e si ritrovi, all’apertura dell’Expo, con un monumento firmato Libeskind: ogni opinione su quest’ultimo e sulla sua più opportuna collocazione è ovviamente legittima, ma non si può dire che sia un regalo che meriti di essere riciclato come una noiosa sciarpa ricevuta a Natale. Non dimentichiamo che, tra una difficoltà e l’altra, dovrebbe muoversi anche il progetto di recupero di Villa Olmo finanziato dalla Fondazione Cariplo e che qualche proposta sta emergendo anche per Villa Geno, un altro angolo di città da mettere in cartolina per incantare potenziali turisti in tutto il mondo. La città con il freno a mano tirato, la “bella addormentata”, il villaggio delle occasioni perdute e delle ripicche civili e politiche, potrebbe – e sottolineiamo potrebbe – conoscere un 2015 finalmente risolutivo.
Rispetto a tante promesse del passato, annunciate e non mantenute, c’è uno stimolo in più: arriva l’Expo e, qualunque sia il giudizio su questa manifestazione, certamente porterà con sé un sacco di visitatori stranieri. Costoro si guarderanno intorno e ci giudicheranno: quando busseranno alla porta, dovremo scegliere se aprire in pigiama e tuta o in giacca e cravatta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA