L’accordo sulla mostra è una buona notizia per tutti. Ha da sorridere l’assessore Cavadini – ma è la circostanza meno rilevante – perché diversamente avrebbe quasi di sicuro fatto le valigie. Ha da sorridere il sindaco Lucini – altro aspetto di relativa importanza – perché la sua amministrazione esce malconcia ma non a pezzi dopo il flop del bando per la gestione dell’evento. Ha da sorridere Como – compresi i consiglieri di opposizione e i comaschi che non hanno in simpatia l’attuale giunta – perché interrompere la tradizione delle mostre (lasciamo perdere l’aggettivo grande) sarebbe stato un danno generale per la città che tanto conta sul turismo della cultura soprattutto alla vigilia di Expo. Bene, sorridiamo per qualche minuto. Ma è il caso anche di chiedere, ora, grande determinazione operativa e un po’ di umiltà nel riconsiderare scelte del passato che si sono rivelate sbagliate.
Partiamo in grave ritardo e non bisogna perdere un solo giorno per creare curiosità e interesse intorno al progetto cercando di allargare il più possibile la platea dei potenziali visitatori.
È del tutto evidente che la mostra di quest’anno non farà i numeri degli anni passati quando s’era deciso di puntare su autori e proposte di grande richiamo popolare. Ma è lecito aspettarsi un risultato ben superiore alle 18mila presenze stimate dall’amministrazione per far quadrare i conti. Legittimo assumere un orientamento culturale diverso dalla giunta precedente, ma non è accettabile che una sede come Villa Olmo possa accontentarsi di una media di circa 120 visitatori al giorno.
Si deve puntare sulla qualità della proposta – e quella di quest’anno va considerata senza pregiudizi negativi – ma anche sui numeri. Perché dare per acquisito che i due fattori non possano andare d’accordo è un atteggiamento perdente. Lo dimostra, in casa, il riscontro di pubblico di una mostra “difficile” come Gea-Miniartetxtil, sempre a Villa Olmo. Lo dimostra la folla per tanti incontri letterari nell’ambito di Parolario (che scivolone avere maltrattato quella che è ormai una vera istituzione culturale cittadina). Lo dimostra, tanto per citare un terzo tra i tanti possibili esempi, il consenso di una rassegna come Le Primavere di Como dove testimoni del nostro tempo di altissimo livello si trovano a dialogare in un teatro Sociale strapieno, con la gente comune. Insomma, pensare che i grandi numeri si possano raggiungere con solo con proposte di basso livello è un evidente falso. E il valore del progetto culturale di quest’anno – “Ritratti di città” è il titolo dell’esposizione – non potrà essere un alibi se le sale saranno semideserte anche nei weekend.
Sulla mostra a Villa Olmo Como, del resto, deve vincere sui numeri ma anche ovviamente sulla qualità dell’organizzazione nel suo complesso. La comunicazione – malamente gestita lo scorso anno – aiuta ma non è decisiva se non è accompagnata da una sincera cultura dell’accoglienza oltre che, ovviamente, dall’accessibilità del prodotto finale.
Bene, pretendiamo che anche nei dettagli (dagli orari alla segnaletica) l’amministrazione sia puntuale per farci fare bella figura e i comaschi, al di là delle polemiche, colgano questa iniziativa come un’opportunità vera da sostenere e aiutare. Como si gioca un pezzetto del suo futuro. Vale la pena rifletterci.
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