Ma perché Sanremo è Sanremo? Forse l’unica risposta a questo mistero insondabile è la stessa domanda mutilata dal punto interrogativo. Altro quesito difficile da sciogliere è perché la tv è la tv? E perché questa tv, nel pieno di una delle fasi cruciali della storia politica e non solo di questo Paese: la nascita del governo Renzi, spegne tutta l’informazione politica?
Niente talk show serali, stop agli spazi di approfondimento. Chi accende l’apparecchio dopo cena farà fatica a sapere se all’Economia andrà Bernabé o un
accademico, se è davvero possibile fare una riforma al mese, che cosa pensa la Santanché del governo (si sarà adeguata alla linea morbida del Cavaliere?). Non potremo conoscere le aspettative per il nuovo esecutivo del signore che, quando non sta a Ballarò, produce gli asciugoni e altri indispensabili articoli in cellulosa. E Landini avrà rinunciato alla maglietta della salute per protesta con il jobs act? E Toti in lotta con il brasato sarà dimagrito un po’?
L’unico assente giustificato è Bruno Vespa. Il festival si allarga e invade i suoi possedimenti costringendolo a chiudere la Porta a Porta. Ma Floris? Ieri sera al posto del talk show del martedì su RaiTre è andato in onda un film che raccontava la storia di un vulcano in attività (qualche riferimento subliminale al premier incaricato per tranquillizzare le coscienze degli addetti ai palinsesti?)
Ci sarebbe quasi da dare ragione a Beppe Grillo quando (da Sanremo ovviamente) dice che la Rai è la rovina del Paese. Ma, a parte che tenere le parole “Grillo” e “ragione” nella stessa frase a volte è un po’ dura, bisogna sottolineare che non è solo la televisione pubblica la responsabile di questa “settimana della marmotta” per i talk show di politica della sera. Anche la Sette, che pure grazie a Mentana ci mitraglia per tutto il giorno con le gesta di Renzi consultante e il totoministri, ha concesso il giovedì libero a Santoro.
Tutti insomma hanno deposto le armi di fronte alla corazzata di Sanremo. Allora viene il dubbio: o l’avvento del sindaco di Firenze a palazzo Chigi non è poi così epocale oppure sarà mica che la politica vera si fa al Festival? Del resto nella prima serata c’è stato il comizio di Grillo (che il giorno dopo nell’incontro con Renzi sembrava intento a dar sulla voce ai suoi più che al futuro premier, ma questa è un altra storia). All’Ariston poi sono comparse le mogli dei marò trattenuti in India e la protesta dei precari: uno spaccato di politica estera e della situazione economica del paese. E da lì sono partiti pure i retroscena: li ha pagati Fazio per oscurare Beppe o la stessa Rai, o magari De Benedetti per dare un segnale ai candidati per il ministro più bollente del nuovo esecutivo. E tra un Grillo che salta da Sanremo a Montecitorio per non farsi consultare da Renzi, non si capisce davvero più dove stia il Festival e dove stia il dibattito politico.
Sarà forse per questo che la Rai e gli altri hanno pensato che si può fare a meno dei talk show. Per fortuna è settimana di coppe europee. Perché Sanremo è Sanremo, ma il calcio è il calcio.
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