Sciopero o pioggia
Tanto fa lo stesso

Domani ci sarà sciopero del servizio ferroviario Trenord. In questa estate sciagurata è come dire: domani pioverà. Comunque sia, non c’è notizia. Sul sito di Trenord l’annuncio è dato in una ventina di righe. A giudicare dalla prosa vaga e rassegnata, rituale e un poco sfinita, nessuno, negli uffici della società, si deve essere impegnato troppo per stendere il comunicato. E perché mai, quando di scioperi ce ne sono in continuazione? Che cosa c’è da inventare? Nulla, basta prendere il modulo prestampato, cambiare la data e metterlo online. Gli scioperi del servizio ferroviario lombardo stanno al Bava Beccaris come una partita a rubamazzo sta alla Seconda guerra mondiale. Sono una faccenda imbelle, burocratica, collaudata, sulla quale, a ogni annuncio, le parti in causa nulla hanno da aggiungere. Avvengono, gli scioperi, quasi sempre il venerdì – non è impresa ardua capire il perché – e prevedono le fasce di garanzia (quello di domani, dalle 9 alle 17, si inserisce tra le parentesi orarie che consentono di far viaggiare i pendolari) il che li rende, se vogliamo, scioperi addomesticati, col tappo rosso come le pistole destinate ai bambini, giocattoli a basso voltaggio. Il maestro Ejzenštejn avrebbe i suoi guai a trarne un film con sufficiente pathos: più che “La corazzata Potëmkin”, la scampagnata del fine settimana.

Abbiamo cercato di capire le ragioni specifiche dello sciopero di domani. Non è impresa facile, sul sito del sindacato responsabile dell’agitazione (Orsa) non si trova un accenno specifico: si possono intuire le questioni generali che preoccupano la categoria, non le rivendicazioni particolari che investono Trenord e rendono ineluttabile l’interruzione del lavoro prevista per venerdì 25 luglio 2014.

Contagiati dalla comune rassegnazione di sindacato e azienda, che fa venire in mente uno scambio di battute tra Fabrizi e Totò nel film “Guardie e ladri” («Io sparo in aria a scopo intimidatorio», «E io non mi intimido»), i viaggiatori di Trenord non protetti dalle fasce si apprestano, senza un lamento, a sopportare il disagio: chiederanno un passaggio in auto alla cognata oppure rimedieranno rivolgendosi ai bus. Se nevica, d’altra parte, non si esce di casa o si mettono le catene. C’è poco da lamentarsi. Lo sciopero di Trenord non è un evento ascrivibile alla volontà umana: pare piuttosto un capriccio di natura. Ha sentito che sciopero c’è oggi? Non me lo dica: non ci sono più le mezze stagioni sindacali. Ha ragione: una volta qui era tutta contrattazione.

Intristisce lo sciopero del venerdì, così fondamentale che all’utente nessuno cerca più di spiegarne le ragioni. Intristisce perché, ancora prima di cominciare, le parti sanno che non servirà a niente, se non a ribadire la posizione di potere di qualche oscuro culo di pietra. Se qualche effetto otterrà, sarà solo quello di allontanare ancor più verso l’infinito la speranza di avere, un giorno, un servizio di trasporto moderno ed efficiente o almeno, e sarebbe già un traguardo, affidabile e dignitoso. Ma è questo un traguardo che interessa a qualcuno? È uno scenario che gli esperti, negli uffici sindacali come in quelli dirigenziali, sono in grado di immaginare, pianificare, sostenere? C’è da dubitarne. Si direbbe che la gittata intellettuale degli addetti ai lavori non superi i tre-quattro giorni. Il sindacalista farà il weekend lungo, il dirigente anche e se ne riparla (forse) lunedì. Anche l’utente sa che non vale la pena di occuparsene. In auto con la cognata, ne approfitta per fare due chiacchiere: «Ma quanta pioggia! Speriamo che in agosto faccia bello».

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