Basterebbe rileggere Leopardi per spiegare e riassumere l’eterna tensione dell’uomo verso gli «interminati spazi» e i «sovrumani silenzi» che abitano “L’infinito”. Ma per uscire da dietro la siepe del colle di Recanati, e di ciascuno di noi, e lanciarsi davvero «verso l’infinito e oltre» (citazione un po’ meno aulica, da “Toy story”, ma non meno paradossalmente vera dell’assunto leopardiano: anche Buzz Lightyear non può tecnicamente volare, perché è un giocattolo, come gli ricorda il collega geloso Woody) occorrono anche altre motivazioni.
Per esempio quelle degli “Emigranti della luna”, pure cantati da un poeta, Giovanni Pascoli, nel 1909. «La Luna, dice, è un’altra Terra, attorno / a questa Terra. E ci si va. C’è gente / che v’andò, che ne parla, ora, al ritorno...», racconta uno studente giunto in un villaggio di contadini caucasici, che, dopo averlo ascoltato, decidono di partire alla ricerca di “terra e libertà”. Fuor dalla metafora poetica, il fatto accadde davvero e fu proprio la notizia di cronaca a colpire l’autore dei “Canti di Castelvecchio”: un giovane intellettuale lesse ai “villani” alcuni brani di Verne (probabilmente dal romanzo “Dalla terra alla luna”) e loro si presero per veri, al punto da fare una colletta per finanziare la spedizione.
Con senno di poi, più che matti o ignoranti, i contadini caucasici, e Pascoli con loro, appaiono profetici: andare sulla Luna, e fare ritorno sulla Terra, è stato, oltre che davvero possibile, anche una questione di soldi, di come li si è utilizzati per finanziare la ricerca. Tra l’utopia più spinta e il materialismo più concreto si muove la grande epopea della conquista dello spazio, e anche il numero monografico de “L’Ordine” che uscirà domenica in edicola gratuitamente con “La Provincia”, a sessant’anni dal primo volo fuori dall’atmosfera terrestre compiuto da un essere vivente, Laika (o Muttnik, per gli invidiosi americani: da mutt, ovvero bastardino, e dal nome della capsula Sputnik).
Gli uomini guardano alle stelle da tempi remoti, come ci insegnano le incisioni rupestri, ma abbiamo una data che si può considerare l’origine dell’esplorazione dello spazio, o meglio di quella tensione che ci ha portati in tempi recenti a navigarlo: il 2441 avanti Cristo, quando in una notte particolarmente nitida un gruppo di cinesi osservò, e per la prima volta descrisse per i posteri, il “pianeta rosso”, Marte. Ce lo racconta un grande divulgatore scientifico come Giovanni Caprara, mentre Paolo Musso, professore di filosofia della Scienza coinvolto nel programma Seti (quello che punta a intercettare gli extraterrestri con le mega antenne impiantante nel New Mexico) ci dice che proprio a Marte sono ancora legate le più fondate speranze umane di trovare vita nello spazio, anche se non intelligente come aveva immaginato la fantascienza. Di quest’ultima, almeno dal punto ci vista cinematografico, scrive Luca Toselli, massmediologo che, da “2001 Odissea nello Spazio” a “Inception”, da “Solaris” a “Matrix”, vede una parabola discendente dell’uomo, che sempre più proietta le sue speranze e le sue paure (con una esponente crescita di queste ultime) dall’universo alla Terra.
Una lettura escatologica del cinema di fantascienza, quella di Toselli: del resto nella conquista dello spazio la ricerca del senso del fine ultimo dell’esistenza umana è un elemento fondamentale, non meno di obiettivi intermedi e più mirati. La Cina, scrive la nostra sinologa Emma Lupano, dopo il calcio italiano, punta a lasciare il segno nelle missioni spaziali, ponendo tra gli obiettivi un altro sogno/mistero ultramillenario, ovvero il lato oscuro della luna. Il dinamismo cinese, così come quello europeo e di privati sparsi per il mondo, dagli Usa al Lussemburgo, lascia presagire una nuova importante fase di voli interplanetari.
Corrado Lamberti, fondatore con Margherita Hack delle popolari riviste di divulgazione “L’astronomia” e “Le stelle”, ci ricorda, firmando la copertina di questo numero de “L’Ordine”, che abbiamo un bene prezioso ancora da trovare nel nostro sistema solare, ovvero l’acqua, e sono in aumento le speranze che sia intrappolato nei piccoli pianeti periferici scoperti negli ultimi anni.
Qualcuno, intanto, ha ripreso il progetto dei contadini caucasici cari a Pascoli: trasferirsi nello spazio. Non sono dei matti e, questa volta, neanche degli ignoranti: sono quelli dell’associazione mondiale Space Renaissance, molti dei quali i libri non solo li leggono ma li scrivono anche e di cui abbiamo intervistato il presidente, Adriano Autino. Se, e quando, riusciranno nel loro intento, un poco del merito sarà anche di quel primo cagnolino volato lontano dalla Terra.
A Laika è dedicata l’ultima pagina de “L’Ordine” di domani,perché il sacrificio di quel bastardino trovato per le strade di Mosca non sia inutile, come invece disse in un’intervista del 1998 lo stesso responsabile della missione, Oleg Gazenko, per via della quantità risibile di dati scientifici recuperati. Aldilà dei numeri, che sia durata poche ore o qualche giorno, la vita di Laika nello spazio ha dato concretezza e forza a uno straordinario immaginario collettivo.
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