Vittorio Sgarbi è la più grande occasione persa dalla cultura italiana negli ultimi trent’anni.
Solo la brama di fama e di soldi ha impedito a questo genialoide coltissimo, acuminato, dalla scrittura incisiva e dall’eloquio senza pari di diventare il più magistrale divulgatore culturale televisivo, riducendolo invece sempre più spesso a maschera di se stesso, bounty killer della polemica a comando, grottesca macchietta da seconda serata. Peccato.
Perché venerdì scorso durante un’ospitata a “In onda”, approfondimento giornalistico de La7, ha tirato fuori una delle sue intuizioni da fuoriclasse.
Il tema - e come poteva essere altrimenti? - è quello delle secchiate di acqua gelata a favore della ricerca contro la Sla che sta imperversando sulle tv, i video e i social media di tutto il mondo, in particolare quella freschissima del premier Renzi, che figurati se si perdeva questa occasione per far vedere alla patria quanto lui sia diverso e nuovo e giovanilista rispetto a quella casta di babbei, trafficoni e incartapecoriti della vecchia politica politicante e politicata. E quando la conduttrice, per ribattere alla stroncatura irridente di Sgarbi, gli ha ricordato che, insomma, anche negli Stati Uniti importantissimi personaggi si sono prestati a questa pratica, lui ha chiosato così: «Non è che in America manchino i coglioni…». Strepitoso. Applausi.
Ora, il tema della catena di Sant’Antonio dei secchi d’acqua a favore dei malati di sclerosi - funziona così: o fai una donazione o ti tiri una secchiata e nomini pubblicamente tre persone che devono fare lo stesso - stimola due riflessioni. La prima è anche la più ovvia: è del tutto evidente che alla stragrande maggioranza dei partecipanti al giochino, dei malati non interessa un bel niente. La doccia gelata non è altro che un clamoroso selfie, una promozione gratuita di sé, un ennesimo atto di esibizionismo al cubo figlio di questi tempi tutta superficie, apparenza, spolverini, cooptazioni, relazioni e zero sostanza e competenza. E quindi del tutto aderente al vuoto cerebrale, alla debolezza di pensiero di sciacquette, attricette, suffragette, cubisti in disarmo, intellettuali di serie B, sportivi di serie C, politici di serie D, bolliti e stracotti che pensano di darsi una botta di vita, sindacalisti forforosi con il ditino alzato e la doppia morale, ai quali però più che un secchio d’acqua farebbe meglio uno di carbone nella miniera di Rosso Malpelo, giornalisti deboli di congiuntivo ma ferratissimi negli estimi catastali e, soprattutto, una marea informe di sconosciuti frustrati che magari è la volta buona che qualcuno si accorge della mia esistenza. E tutti quanti assieme, disperatamente, ci si attacca al secchio un po’ come i relitti umani dei romanzi on the road si attaccavano alla bottiglia, perché, diciamoci la verità, se non c’è nessuno, ma proprio nessuno che ti nomina per una secchiata gelida vuol dire che conti davvero come il due di picche. Scusate, ma c’è qualcosa di più piccolo-borghese?
E quindi, di buffonata in buffonata, si potrebbe dar vita a una serie infinita di fantasmagoriche catene di Sant’Antonio: travestiti da struzzo e corri in tangenziale con un’incudine sulla testa per finanziare le start up dell’edilizia ecocompatibile, prendi a schiaffi un gorilla del Virunga nella stagione degli amori per aiutare l’Associazione Vedove Cattoliche, lancia un nano giù dalla scarpata per trovare una nuova sede agli eroi di Amba Alagi, vai al raduno dell’Inter con la maschera di Moggi e urla “Scudetto di cartone!!” per sovvenzionare il campionato mondiale di Candy Crush, nominando nel frattempo testimonial d’eccezione quali Tony Soprano, Nicole Minetti, Pacciani&eredi, l’arbitro Ceccarini, il Pagliaccio Baraldi, la donna Barbuta, l’Uomo Salsiccia e magari anche quella ministra in lode della quale tutti intonano l’epinicio per il trionfo della riforma costituzionale, tutti parlano, tutti sono innamorati e tutti controllano con occhio morboso il primo affiorare della cellulite, ma della quale a chi scrive continua a sfuggire il nome. Dopo tutto, ragazzi miei, si fa qualsiasi cosa se è a fin di bene…
La seconda riflessione riguarda invece l’ennesima conferma della sudditanza culturale e psicologica che noi poveri italioti con l’anello al naso abbiamo nei confronti del “padrone” americano. Non c’è niente da fare, appena la storia della doccia gelata si è trasferita dal cuore dell’impero all’ultima, pittoresca e fallimentare delle province si è trasformata da stravagante gioco di società - che però ha già raccolto quarantadue milioni di dollari di donazioni - a pagliacciata da bar di periferia con il karaoke, l’ubriaco molesto al bancone e le slot machine - che infatti ha racimolato la penosa cifra di 33mila euro. Quelli lì sono un altro mondo, sarà sempre troppo tardi quando ce ne renderemo conto. È uno strano posto dove due cronisti sconosciuti hanno fatto dimettere l’uomo più potente della terra mentre qui sai le risate, dove un presidente è finito sotto inchiesta per una relazione con una stagista mentre qui no comment, dove quando un’azienda non ha più mercato si dice, con brutalità sincera e spietata, “lasciamola andare” e la si chiude mentre qui si parte con la deroga della proroga del rinvio dell’aiuto di Stato della sovvenzione della Cassa del Mezzogiorno del giù le mani dal pubblico impiego dello Stato dov’è del guai a chi tocca il posto fisso del ben altri sono i problemi del bla bla bla…
Forse è meglio volare bassi. Aiutare il prossimo è una cosa seria, che costa soldi, fatica e un’anima nobile che non tutti hanno. E che vale soprattutto quando è sorretta da una condizione: se è gratuita e soprattutto anonima. Dio, per chi ci crede, e il sovrano interiore, per chi la pensa come Marco Aurelio, non hanno bisogno di pubblicità né di selfie né di pseudo amici ritardati che tuittano e facebuccano idiozie. E chi non è d’accordo si tiri pure una secchiata d’acqua in testa.
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