Se il buongiorno si vede dal mattino è già notte fonda. La campagna elettorale per la scelta del sindaco di Como non è partita nel migliore dei modi e di certo non in quello più adatto alla situazione d’emergenza che sta vivendo la città. Candidature ad alto tasso di autoreferenzialità, divisioni e contrapposizioni dentro e fra i principali schieramenti, outsider ansiosi di regnare sulle macerie amministrative lasciate da un decennio di centrodestra e un lustro di centrosinistra.
Servirebbe altro per una città separata da otto anni dal suo lago anche a causa dei fallimenti di una politica segnata da una feroce contrapposizione e con un’area strategica come l’ex Ticosa che si ritrova a ripartire dal via dopo la fine del rapporto tra il Comune e i privati disposti ad acquistarla. Macigni che richiederebbero persone adatte alla rimozione. Certo, ormai la questione del cantiere sul lungolago, riguarda la Regione. E sembra che la politica comasca, con un certo sollievo, l’abbia rimossa e stia lì a vedere l’effetto che fa. In attesa di capire se da Milano non ci si muova solo in chiave elettoralistica, sarebbe più opportuno rimanere sul pezzo e contribuire, anche da qui, a trovare una soluzione che consenta di venire fuori da questa vergogna nel più breve tempo possibile e con il minor danno.
Stesso discorso sulla Ticosa. Che fare adesso? Nessuno lo sa o prova a metterci la testa. Poi c’è il traffico. Perché, parafrasando il Jonny Stecchino di Roberto Benigni, si potrebbe dire che il principale problema di Como è la mafia. Preso atto che anche il girone ormai ha fatto il suo tempo e che occorre una strategia per i parcheggi e i flussi in entrata e in uscita dalla convalle, che c’è una bozza di piano in discussione, qual è la direzione da prendere? E come si deve rapportare il capoluogo con il territorio nella fondamentale partita della Aree Vaste? Como, città in trasformazione profonda e vorticosa anche sotto il profilo economico e quello sociale, si gioca una fetta decisiva di futuro nei prossimi cinque anni. Chi guiderà questo processo? Quale figura può avere la spalle abbastanza robuste per farlo? Queste dovrebbero essere la domande a cui rispondere nei prossimi mesi. Magari muovendosi al di fuori delle contrapposizione, coinvolgendo la società civile, le associazioni, i protagonisti della vita cittadina al di fuori del palazzo. Questo non si significa che il prescelto o la prescelta o i prescelti debbano arrivare da lì.
Anzi, in un momento come questo, con i Municipi a secco di risorse economiche, dovrebbe essere la politica, a fornire soluzioni e uomini all’altezza della sfida.
Invece ci ritroviamo con un centrosinistra che poggia su presunte certezze di consensi sicuri a prescidere dalle persone, in cui i veti incrociati rischiano di partorire un topolino. Dall’altra parte, la candidatura autorevole di Mario Landriscina trova non poche resistenze nella debolezza di un centrodestra che deve riuscire ad andare oltre i suoi confini sempre più ristretti. Insomma il rischio concreto è di riproporre, sui grandi temi, se andrà bene, lo stallo di questi quindici anni. Per Como sarebbe un colpo mortale. Ecco allora che le forze politiche locali dovrebbero farsi un esame di coscienza. E poi magari cominciare a confrontarsi senza pregiudiziali, dentro e fuori i loro orticelli. Per una volta mettano il bene della città davanti a interessi di bottega che hanno davvero poco senso.
f. [email protected]angelini_f
© RIPRODUZIONE RISERVATA